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cultura dell'immagine e della parola

Pirati a luci rosse

Il fenomeno della porno-parodia esplode in America nella seconda metà degli anni Ottanta, in una fase di transizione del cinema a luci rosse. Stava volgendo al termine il periodo della Golden Age, in cui i film erano girati in pellicola, avevano trame credibili, attori in grado anche di recitare. Si stava entrando nella Video Age: i film potevano essere girati in video a costi molto inferiori e ciò portò a un conseguente abbassamento della qualità. Le grosse case di produzione però tentavano di distinguersi, realizzando opere ad alto budget ma, per ovviare a una cronica carenza di idee, ricorrevano alle imitazioni di film famosi. Tendenza, questa, rimasta attuale.

Risale proprio a quel periodo un hard ambientato nel mondo dei pirati, Snatchbuckler (id., Scotty Fox, 1986) con protagonista uno dei più grandi pornodivi di tutti i tempi, Ron Jeremy. Girato interamente in esterni, in un’isola esotica e su un veliero autentico, con costumi verosimili e stupende dame in corsetto e mutande di pizzo: formula, questa, che verrà sfruttata ancora. Non poteva certo essere da meno il compianto Joe D’Amato con il suo Selen nell’Isola del tesoro (id., 1998), anche se il maestro di b-movies riutilizza senza ritegno scene navali di repertorio.
Il successo del primo Pirati dei Carabi (Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl, Gore Verbinski, 2003) fa da traino per una prima porno-parodia dal fantasioso titolo Privates of the Caribbean: curse of the Black Hole, produzione ad altissimo budget con protagonista la divina Jenna Jameson. Si tratta, per la verità, del recupero di un film precedente la saga di Jack Sparrow, per la precisione Conquest (id., Greg Steel e Brad Armstrong, 1997), rimontato in maniera tale da giustificarne il titolo. Il porno è in fondo come il maiale: non si butta via niente.
Ma la vera parodia di Pirati dei Carabi è Pirates (Id., Joone, 2005), che segna un punto di svolta nella storia della cinematografia a luci rosse. Si tratta infatti di un autentico kolossal del porno, forse il più costoso mai realizzato fino a ora. Anche questo girato in location esotiche, cui si aggiungono una gran quantità di effetti speciali in computergrafica: complesse scene di battaglia tra galeoni, che però non sfuggono a un ridicolo effetto playstation, e una lunga scena con un esercito di scheletri animati, che richiama Gli argonauti (Jason and the Argonauts, Don Chaffey, 1963) e L’armata delle tenebre (Army of Darkness, Sam Raimi, 1992). A tal proposito non si può non rimpiangere che la struttura ossea dell’uomo sia priva di quell’os penis presente invece nella maggior parte dei [img4]mammiferi: avrebbe offerto la possibilità di interessanti interazioni con le piratesse!

Piaccia o non piaccia, Pirates ha una struttura narrativa complessa, come non si vedeva da anni nel porno anche di serie A: le scene d’azione non sono un semplice raccordo per quelle di sesso e il film potrebbe funzionare anche senza queste ultime. Gli attori e le attrici poi recitano in modo credibile! Rimangono alcune incongruenze, quali i segni di tanga sul corpo abbronzato di alcune attrici e l’uso del preservativo in lattice che nel XVII secolo non era ancora stato inventato. Ma certo l’educazione ai rapporti protetti e una bella tintarella possono andare a scapito di ogni verosimiglianza!
Pirates ha fatto incetta di awards del settore e si prevede sia l’uscita di una versione soft, sia quella di un sequel, Pirates II. Nonostante i molti riferimenti ai blockbuster con Johnny Depp, sembra non ci siano state azioni legali, promosse invece contro il sito SinFul Comics che pure ha realizzato una versione porno a fumetti di quei film.

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