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Sex Crimes and the Vatican – documentario o spazzatura?

Sono cresciuto in un ambiente cattolico. Ho frequentato l’oratorio della mia parrocchia e non ho alcuna intenzione lasciarmi condizionare da un pensiero generalizzato, qualunque esso sia, ma la mia coscienza critica dice che la Chiesa, prima di essere espressione divina in terra, è un’organizzazione fatta di uomini (e quindi fallibile).
La storia mi ha insegnato che per secoli, dietro le migliori intenzioni, si sono celati intrighi politici e che solo una fede profonda è capace di celare agli occhi del credente che, anche la Chiesa abbia commesso degli errori. Ipocrita è sparare a zero su un’inchiesta giornalistica come quella effettuata dalla trasmissione Panorama della BBC, «E’ solo un nuovo esempio di tv spazzatura. Operazione di basso profilo» così è stata definita da noti esponenti della Casa delle Libertà. In questa sede non ci vogliamo occupare nè delle illazioni del “prima”, nè delle reazione del “dopo”, ma esclusivamente di ciò che veniva mostrato nel Sex Crimes and the Vatican.

Il video si apre con un’asettica inquadratura fissa sul volto di Padre Oliver O’Grady. La voce fuori campo, presumibilmente di un magistrato, gli chiede di descrivere come potrebbe adescare un ragazzo, come se l’atto stesse avvenendo in quel momento. Senza mostrare la minima espressione di imbarazzo o disappunto per una domanda così diretta, il prelato risponde. L’uomo descrive aridamente la sua eccitazione nei confronti dei piccoli, indistintamente maschi o femmine, ma dichiara esplicitamente quali fossero i suoi gusti dal punto estetico. La testimonianza è inappellabile. Un uomo di età avanzata, un volto che potrebbe essere quello del tranquillo vicino di casa di tutti i giorni, un ruolo che per definizione (quello di pastore di anime) dovrebbe garantire una sicurezza anche ai genitori dei piccoli frequentatori di una parrocchia. Dietro quella maschera, si nasconde un mostro travestito da prete, capace di abusare sui piccoli corpi di oltre trenta ragazzini. Questa non è un’interpretazione, sono i fatti dimostrati da un tribunale. Quello che maggiormente turba è la vitrea fermezza degli occhi di Padre Oliver, che hanno un’espressione vuota di lucida follia, esprimono (o sembrano esprimere) una incapacità di prendere consapevolezza del crimine che è stato compiuto. Siamo di fronte a un uomo malato, con evidenti problemi psichici. La giustizia civile lo ha condannato negli Stati Uniti, ma lo ha fatto ritornare in Irlanda, sua terra natale: scopriamo che l’uomo non risulta non essere un criminale, perché i fatti si sono svolti negli Usa, e quindi non ha subito alcuna forma di cura nè di restrizione a non frequentare centri di infanzia. Anche questi sono fatti.
Il documentario prosegue introducendo la figura di Colm O’Gorman. Durante la sua infanzia Colm subì numerosi abusi da parte di Padre Sean Fortune. La Chiesa locale sapeva che Padre Fortune era un pedofilo, ma invece di informare la polizia cominciò a trasferirlo da una parrocchia all’altra. Quando esplose lo scandalo, si suicidò prima del processo. Indagando su chi lo aveva aiutato a nascondere le sue malefatte, Colm riuscì a scoprire che era stato il più vecchio esponente della diocesi, l’arcivescovo Brendan Comiskey.

Il motore scatenante questa procedura di omissione sembra essere imputabile a un documento datato 1962 e denominato Crimes sollicitationis, una lettera “confidenziale” inviata dal Vaticano a tutti i Vescovi del mondo, attraverso la quale si imponevano delle linee guida da seguire scrupolosamente in casi di crimini. Pena la scomunica, abusato, abusatore ed eventuali testimoni devono sigillare con il segreto del confessionale il peccato commesso. Per un fedele, la vita terrena non è che un frammento della vita eterna che verrà dopo la morte e, di conseguenza, la scomunica è la forma di punizione più atroce e duratura. Considerato che il peccato di pedofilia commesso da un prelato avviene prevalentemente a danno di un piccolo (altamente suggestionabile) proveniente da una sfera familiare evidentemente prossima al mondo della religione, allora è facile pensare che la scomunica possa essere una minaccia ben peggiore di un processo penale. Nel documentario però viene ripetuto diverse volte che la lettera papale “sembra” imporre questo tipo di comportamento: di conseguenza non sembra che il comportamento di vescovi sia frutto di scelte personali, ma di un preciso programma di insabbiamento dei casi, nel tentativo di mantenere pace e tranquillità nella comunità dei fedeli. Sembra, dicevamo.

Di fronte ad accuse così gravi, mosse da testimoni, ex-preti, magistrati ed esperti vaticanisti appare quanto mai inappropriato il tentativo, a quanto pare ben riuscito, di evitare ogni tipo di contraddittorio. Il dialogo non esiste, non viene offerta nessuna possibilità [img4]di avere una versione dei fatti alternativa a quella che viene proposta. Solo il silenzio viene contrapposto ad un coro di accuse e questo non pare sufficiente. Questo è il crimine della Chiesa. Non la pedofilia, il silenzio.
Che Sex Crimes and the Vatican sia stato trasmesso dalla televisione pubblica è già un successo, probabilmente anche solo poco più di un anno fa non avrebbe potuto accadere. Il pubblico ha avuto modo di conoscere dei fatti per crearsi un’opinione. Nessuno spero possa ancora credere che si sia trattato di televisione spazzatura. Purtroppo però è facile nascondere lo sguardo usando il paraocchi della fede, come è facile amplificare la propria vista dietro gli occhiali dell’anticlericalismo.

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