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Preti pedofili: Rai Due informa

«Vi ringrazio tutti. Questa sera abbiamo scritto una bella pagina di informazione».
L’Ite missa est di Michele Santoro, al termine di una serata presentata da una buona maggioranza di opinionisti e politici con i toni dello scandalo, suona quasi ironico, come un arcobaleno che spunta senza che un temporale lo abbia preceduto. Eppure di questo si è trattato: di una bella serata di giornalismo, di approfondimento ragionato, di contraddittorio aperto ma anche controllato e mantenuto su livelli di civiltà esemplari. Mentre le bocce si fermano – e nell’attesa che i polemisti del giorno dopo ritornino a gettare benzina sulle braci tiepide – quello che più inquieta è che si sia potuto montare a priori un polverone così fitto per un evento che di scandaloso non dovrebbe avere nulla.

La messa in onda su Rai Due di Sex Crimes and the Vatican, il documentario della BBC dedicato allo scandalo pedofilia nella Chiesa cattolica, oltre a mettere sotto i riflettori un problema grave e oggettivo in seno alle gerarchie ecclesiastiche (problema d’altra parte già noto, visto che il filmato circola ormai da tempo in Rete), ha infatti evidenziato una volta di più la grottesca incapacità del sistema politico italiano nel gestire pubblicamente i propri rapporti con le istituzioni religiose.
Le domande che a questo punto viene spontaneo porsi, d’altra parte, sono semplicissime. È mai possibile che un’inchiesta, per quanto dedicata a un tema spinoso, debba venir presentata al pubblico con una trafila precauzionale paragonabile solo a quella che si riserverebbe al transito di un carico di plutonio in un quartiere residenziale? È normale che un prodotto giornalistico, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, possa essere considerato tanto destabilizzante per il popolo da rischiare di non essere trasmesso sulle reti pubbliche?

Dopo settimane di dibattito incandescente, con in prima linea tra gli altri l’ex-ministro Landolfi, Pierferdinando Casini e perfino Giuliano Ferrara, tutti quanti a dir poco allarmati all’idea che un prodotto di questo tipo arrivasse fino ai nostri occhietti indifesi, non stupisce che il clima nello studio di Annozero a inizio trasmissione fosse sottilmente elettrico. Il bisogno di punti di riferimento era tale che in qualità di angelo custode dell’evento s’è dovuto scomodare perfino Indro Montanelli (padre putativo ti tutti i liberali laici e ruvidi), chiamato in causa dal suo figlioccio prediletto Marco Travaglio. E poi sottotitoli, annunci e avvertimenti per preparare il pubblico a quello che stava per succedere. Insomma, un cordone sanitario in piena regola. Tanto che ci si sentiva vagamente sovversivi solo per il fatto stesso di essersi seduti davanti alla Tv senza essersi posti nemmeno un problema.
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Con simili premesse, e tenendo conto di quello che abbiamo visto, pare quasi superfluo commentare a posteriori i singoli passaggi della serata. Qualcuno sarà rimasto colpito dalla tenacia tipicamente anglosassone con cui l’autore del documentario, Colm O’Goran, ha portato avanti la sua denuncia. Qualcun altro si sarà soffermato a riflettere sulla ferma difesa dell’operato della Chiesa presentata da monsignor Fisichella e da don Di Noto. In molti avranno rabbrividito per le testimonianze delle vittime italiane, altri si soffermeranno sulla linea di conduzione attenta e per una volta pacata (giusto un paio di “partigianate”) scelta da Santoro, attento nel dosare gli strali satirici di Vauro e gli interventi caustici di Piergiorgio Odifreddi.
In qualità di modesto commentatore del mezzo televisivo, mi preme soltanto sottolineare la prova di maturità che il servizio pubblico ha saputo dare in rapporto a un tema tanto delicato quanto complesso, portando nelle nostre case dolore, indignazione, riflessione ma soprattutto tanta informazione.
Quello che molti di noi vogliono. Quello che come spettatori e cittadini sentiamo di meritare.

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