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cultura dell'immagine e della parola

Édith, tu me fais tourner la tête

Édith, tu me fais tourner la tête

Quanti modi ci sono di vivere una vita? E di raccontarla? Il modo di Édith Piaf è spericolato, quello di Dahan preoccupato. Il regista di I fiumi di porpora 2 – Gli angeli dell’Apocalisse (Les Rivières pourpres II – Les anges de l’apocalypse, 2004) si muove nervoso avanti e indietro i 48 anni di vita di una delle più grandi cantanti di sempre, cercando di tenersi lontano dai modi e modismi del biopic, mescolando i piani temporali e narrando vari episodi relativi alla biografia della protagonista. Include ed elimina secondo la propria sensibilità, e in questo è coraggioso, ma è difficile dire se le scelte fatte lo ripaghino del tutto. Mancano capitoli e protagonisti di rilievo assoluto nell’esistenza del “passerotto” Édith, come Yves Montand, Cocteau, Aznavour; ma forse ha ragione il regista francese: nell’impossibilità di raccontare tutti gli eventi e le relazioni umane, hanno più peso certi dettagli.

Di certo ha peso la musica, quasi sempre più forte delle immagini (ma come poteva essere il contrario?), che sono a volte troppo pulite e troppo costruite, anche se si nota il tentativo di evitare il didascalismo. È comunque difficile trattare una materia così complessa come l’animo di un’artista: in aiuto a Dahan c’è Marion Cotillard, troppo bella rispetto alla Piaf, ma bravissima a nascondersi dentro un corpo che era minuto e fragile, un corpo davvero consumatosi in fretta, logorato dall’artrite, dall’alcol e dalla morfina. Le estenuanti sedute di trucco a cui l’attrice si è sottoposta non fanno che aiutarla nel compito di far rivivere la cantante nelle varie età che s’incrociano in ordine non cronologico sullo schermo. E attaccata a lei sta la macchina da presa, ai suoi occhi enormi, sempre un po’ stupiti sia del bene che del male; non mancano le cadute di ritmo, ma nel complesso i 140 minuti della pellicola non stancano, merito soprattutto della colonna sonora e degli attori. Oltre alla Cotillard, una serie di comprimari di tutto rispetto: dall’ impresario Leplée/Depardieu alla prostituta Titine/Seigner, a J.P. Martins nei panni del pugile Cerdan.

Il difetto più grande che si possa imputare al film è forse l’incapacità di restituire appieno a chi non conosca già la Piaf e non sappia nulla di lei, l’emozione connessa alla sua figura artistica e umana: manca Édith Piaf quando non era ancora Édith Piaf, manca la Piaf di Milord, manca quel senso del dramma e dell’ineluttabile che aveva nel corpo, nelle mani. Chi non ha mai ascoltato prima Mon Dieu difficilmente ne coglierà il senso. Restano comunque un’interpretazione forte e alcune belle scene. Alcuni film, forse, è giusto che siano imperfetti, come certe vite.
Alla fine non resta che constatare (la citazione è d’obbligo): non, rien de rien / non, je ne regrette rien / c’est payé, balayé, oublié / je me fous du passé…

Fimografia
La Vie en Rose (2007)
I fiumi di porpora 2 – Gli angeli dell’Apocalisse (2004)
Pollicino (2001)

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