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Fino all’ultima parodia

Fino all’ultima parodia

Debutto alla regia per Jason Friedber e Aaron Seltzer, gli autori di Scary movie (id., Keenen Ivory Wayans, 2000), che ripropongono la formula di successo di quel film (e dei suoi seguiti): una gran quantità di situazioni attinte a man bassa da altrettanti blockbuster, shakerate insieme per creare un film sgangherato, ultrademenziale, politicamente scorretto.
L’elenco completo delle citazioni sarebbe lunghissimo: IMDB, il più importante database di cinema, ne ha censite una quarantina. Si tratta per la maggior parte blockbuster contemporanei: Il codice Da Vinci (The Da Vinci Code, Ron Howard, 2006), X-Men (id., Bryan Singer, 2000) e seguiti, La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory, Tim Burton, 2005), Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l’armadio (The Chronicles of Narnia: The Lion, the Witch and the Wardrobe, Andrew Adamson , 2005), i vari Harry Potter, i due Pirati dei Carabi, Casino Royale (id., Martin Campbell, 2006) fino a Borat (Borat: Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhs, Larry Charles, 2006). Qualche concessione anche a serie tv vintage, come Love Boat: il celebre capitano della nave dell’amore degli anni settanta appare sul vascello dei pirati.

Spazi siderali separano le opere di Friedber e Seltzer da quelle di grandi registi americani come John Landis, Joe Dante o Mel Brooks. Questi ultimi concepiscono spesso la parodia come occasione per omaggi cinefili, basta pensare a L’ultima follia di Mel Brooks (Silent Movie, Mel Brooks, 1976) per il cinema muto, o a Alta tensione (High Anxiety, Mel Brooks, 1977) per Hitchcock. I due neoregisti invece utilizzano le citazioni per coinvolgere il pubblico nel giochino di riconoscere i film cui viene fatto il verso. Tutti possono parteciparvi, sia gli habitués delle multisale, sia chi frequenta saltuariamente il cinema: i film scelti sono quelli più di successo ed è difficile non conoscerli anche solo per i trailer o i manifesti. Difficilmente gli spettatori italiani capiranno la scena ripresa da Snakes on a Plane (id., David R. Ellis, 2006), grande successo negli Usa ma non da noi.

Tutto ciò non rappresenta nulla di negativo. Il problema è che la formuletta degli Scary movie viene riproposta per l’ennesima volta fino a risultare ormai stantia. E poi, causa una regia davvero sciatta, le gag non hanno il giusto ritmo, non fanno ridere ma al contrario provocano sbadigli. Molte occasioni di comicità non vengono sfruttate, e i due sceneggiatori-registi fanno spesso ricorso a situazioni scatologiche, segno che non sanno più dove andare a parare.
Il livello è decisamente basso, e non può non venire in mente Il silenzio dei prosciutti (The Silence of the Hams, 1993) l’inizio dell’avventura hollywoodiana di Ezio Greggio, baciato da una immeritata fortuna. Questa è l’elemento più imperdonabile di Epic Movie: far riemergere nella memoria un film che doveva essere rimosso per sempre.

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