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Davanti e dietro le quinte di Raw

A Milano, John Cena tra i fischi<br />solleva la cintura di campione” />Già nel 2004 con Hideout ci eravamo occupati di wrestling. <A href=Tre motivi per amare SmackDown!: così avevamo titolato per parlare di un fenomeno mediatico che andava ben al di là del semplice evento sportivo che metteva di fronte due omaccioni dai pugni facili.
Sono passati tre anni, ma non è passata la nostra voglia di comprendere meglio quel mondo. Quali sono i segreti che stanno dietro a un successo da quasi mezzo miliardo di dollari di fatturato? Cosa spinge più di due milioni di fan ogni anno a riempire i palazzetti per vedere i propri eroi?
Ho così approfittato del tour italiano della Wwe, la più grande federazione di wrestling del mondo, per osservare da vicino questi giganti da due metri per centocinquanta chili.
Come premessa, è inutile che finga una giornalistica asetticità nello scrivere queste righe. Mi confesso: seguo il wrestling da vent’anni, quando ancora io non sapevo andare in bicicletta, Hulk Hogan non aveva perso tutti i capelli e il catch era commentato da Tony Fusaro. Con questo presupposto mi sono gettato in una ventiquattr’ore di wrestling, partendo da una coda in macchina e finendo a stringere la mano a Chris Benoit. Ecco il risultato.

Lunedi 16 aprile. Ore 17.30. Insieme a tre amici e al nipotino di uno di loro, saliamo in macchina e andiamo verso il Datch Forum, dove verrà registrata la puntata settimanale di Raw. Per la prima volta in Italia si svolge una vera puntata e non solo un house show. In parole povere è come se, invece che andare a vedere un concerto di Federico Angelucci, si andasse a vedere un’intero episodio di Amici in studio con Maria de Filippi. Se sei un fan, è tutta un’altra cosa. In macchina si parla di wrestling. Una delle cose più strane del trattare questo argomento è la differente interpretazione che se ne può dare. Tecnicamente, il pubblico del wrestling si divide tra mark e smart. Il primo vive il wrestling come se tutto fosse assolutamente reale, il secondo lo concepisce come uno show fatto di autori e attori. Capite che quando un mark e uno smart si trovano di fronte, parlano due linguaggi completamente diversi. Ma il bello è che entrambi possono aver ragione.
Maria e Torrie si abbracciano<br /> dopo il loro Fashion Show” /><br />
<strong>Lunedi 16 aprile. Ore 19.00</strong>. Finalmente siamo dentro al Forum. Dentro è tutto davvero spettacolare. Certo che ci sanno fare, tra enormi scenografie con la bandiera italiana, luci, fuochi d’artificio e quant’altro possa far luccicare gli occhi dello spettatore. Il pubblico è eterogeneo. <em>Raw</em> è lo show più crudo della Wwe, seguito da un target di età più avanzata rispetto a Smackdown. Ma si trovano bambini che spiegano ai genitori che cosa gli si sta parando davanti agli occhi, ventenni che esultano per il loro beniamino, trentenni che conoscono a memoria tutte le mosse e quarantenni grossi come i lottatori sul ring. Diverte e un pò inquieta l’idea che gli americani hanno di noi. Pizza, Ferrari, moda e canzoni napoletane. Chiamarli stereotipi sembra poco. Ma quando Santino Marella, l’italiano venuto dal nulla, vince il titolo intercontinentale sconfiggendo il gigantesco Umaga, il pubblico – me compreso – non si trattiene e il popopo di whitestraipiana memoria parte in automatico. Forse siamo davvero uno stereotipo di noi stessi.</p>
<p><strong>Lunedi 16 aprile. Ore 23.30</strong>. Finito lo show, la tappa successiva è all’hotel dove soggiornano i lottatori. Arriviamo lì davanti appena in tempo per vederli arrivare. Qui il pubblico è più omogeneo: i ventenni esultanti sono la grande maggioranza. È straniante vedere i personaggi fuori dai loro ruoli. Doloranti, stanchi rientrano nelle loro stanze. Alcuni si fermano, altri tirano dritto. Ma la vera star è Vince MacMahon, presidente multimiliardario della federazione. Arriva in limousine, non si toglie nemmeno il cappello ed entra. Lui sì che ha mantenuto il suo personaggio fino in fondo. Quando gli sfegatati ventenni iniziano a cercare di sbirciare tra le tende dell’hotel per scoprire che tipo di vino stia bevendo Ric Flair, capiamo che per noi i vent’anni sono passati da un pezzo ed è ora di tornare a casa.<img class= A cura di Alberto Brumana
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