Davanti e dietro le quinte di Raw
Tre motivi per amare SmackDown!: così avevamo titolato per parlare di un fenomeno mediatico che andava ben al di là del semplice evento sportivo che metteva di fronte due omaccioni dai pugni facili.
Sono passati tre anni, ma non è passata la nostra voglia di comprendere meglio quel mondo. Quali sono i segreti che stanno dietro a un successo da quasi mezzo miliardo di dollari di fatturato? Cosa spinge più di due milioni di fan ogni anno a riempire i palazzetti per vedere i propri eroi?
Ho così approfittato del tour italiano della Wwe, la più grande federazione di wrestling del mondo, per osservare da vicino questi giganti da due metri per centocinquanta chili.
Come premessa, è inutile che finga una giornalistica asetticità nello scrivere queste righe. Mi confesso: seguo il wrestling da vent’anni, quando ancora io non sapevo andare in bicicletta, Hulk Hogan non aveva perso tutti i capelli e il catch era commentato da Tony Fusaro. Con questo presupposto mi sono gettato in una ventiquattr’ore di wrestling, partendo da una coda in macchina e finendo a stringere la mano a Chris Benoit. Ecco il risultato.
Lunedi 16 aprile. Ore 17.30. Insieme a tre amici e al nipotino di uno di loro, saliamo in macchina e andiamo verso il Datch Forum, dove verrà registrata la puntata settimanale di Raw. Per la prima volta in Italia si svolge una vera puntata e non solo un house show. In parole povere è come se, invece che andare a vedere un concerto di Federico Angelucci, si andasse a vedere un’intero episodio di Amici in studio con Maria de Filippi. Se sei un fan, è tutta un’altra cosa. In macchina si parla di wrestling. Una delle cose più strane del trattare questo argomento è la differente interpretazione che se ne può dare. Tecnicamente, il pubblico del wrestling si divide tra mark e smart. Il primo vive il wrestling come se tutto fosse assolutamente reale, il secondo lo concepisce come uno show fatto di autori e attori. Capite che quando un mark e uno smart si trovano di fronte, parlano due linguaggi completamente diversi. Ma il bello è che entrambi possono aver ragione.
A cura di Alberto Brumana
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