TV Talk
La situazione nella quale ci troviamo a guardare un programma televisivo ha un grosso peso sul significato che daremo al programma stesso, questo non possiamo nascondercelo. Prendete Tv Talk, l’ottimo show magazine prodotto da Rai Educational. Va in onda su Rai Tre il sabato mattina, dalle 9.00 alle 10.30. Esattamente l’ora in cui mi alzo dopo un venerdì notte di bagordi per fare le faccende di casa e lavare i piatti incrostati di unto e cenere. In quella ora e mezza mi sento estremamente civile, maturo, razionale. Anche se la sera prima ho staccato teste di pipistrelli a morsi, il solo fatto di non aver ignorato la sveglia e di essermi messo al lavoro alza di almeno tre punti la mia autostima.
A farmi compagnia, mentre rassetto e risciacquo, c’è Massimo Bernardini, che dagli studi Rai della Fiera di Milano (gli stessi di Portobello e Lascia o raddoppia) commenta con competenza e garbo la settimana televisiva appena trascorsa. Al suo fianco ci sono il prof. Simonelli, acuto studioso, Italo Moscati, autore e regista, alcune brave redattrici e un simposio di studenti universitari da bacio accademico. In quello studio tutto è bello, tutto è gioia; l’intelligenza e la cultura trasudano anche dai muri.
In quei momenti, tra stracci e secchi di detersivo, sento che io e Massimo Bernardini siamo due anime affini. La nostra funzione, in fondo, è la stessa.
Entrambi accettiamo di caricarci sulle spalle il male del mondo, affinché l’ambiente in cui ci troviamo possa tornare ad essere un po’ più vivibile.
Io lo faccio con le mie manine callose, mondando il lavandino dai peli della barba del coinquilino, raccogliendo bottiglie di birra sparse sul mobilio ed estraendo cicche di sigarette dalle tazzine del caffè. Bernardini e il suo staff, invece, lo fanno con le armi della ragione, depurando a forza di analisi e sintesi il liquame televisivo dei sette giorni appena trascorsi, trovando il senso di quanto trasmesso e provando a capire come la gente lo abbia fruito. L’impianto della trasmissione è semplice quanto efficace. Un sommario, la presentazione di un ospite in studio e poi via con una serie di blocchi, ognuno composto da un servizio filmato proposto dalla redazione e quindi una pacata discussione in studio animata dai fanciulli e dagli opinionisti, sotto la direzione precisa ma anche disinvolta del conduttore, che snocciola dati Auditel perfettamente contestualizzati (una rarità di questi tempi) e semina spunti leggendo una rassegna stampa che racchiude il meglio della critica televisiva mainstream. A spezzare il ritmo, l’intervento a metà trasmissione dell’inviato da New York, Franco Schipani, con la sua finestra aperta sui teleschermi USA.
In poche parole, qui dentro c’è tutto. Tutto quello che serve al discorso sulla Tv. L’informazione, la critica, il sistematico smontaggio del giocattolo alla ricerca del meccanismo che lo fa funzionare, la polemica ben indirizzata e – perché no? – anche un po’ di sano nozionismo.
Alla fine della trasmissione lo spettatore non può che alzarsi dal divano (chi non sta rassettando casa, quantomeno) con una luce nuova sul volto. Dopo una settimana di stalle ultra-trash, di grandi fratelli trasformati in episodi legalizzati di bullismo, di Paole Perego e Alde D’Eusanio, Tv Talk è il digestivo che fa benissimo e riconcilia con il medium che negli ultimi mesi ci ha dato più delusioni.
Peccato solo che Bernardini sia condannato a vivere nell’ombra, vittima della ben nota maledizione del teleschermo. Solo il peggio arriva alla ribalta delle cronache. Un po’ perché la cafonaggine è un vizio tipicamente italiano, un po’ perché di un bel programma non si sa mai che cosa dire, mentre le pessime trasmissioni solleticano le penne e le fantasie dei giornalisti. Triste contrappasso: la critica televisiva snobba il miglior programma a lei dedicato, mentre il flusso dei cattvi programmi seguita a fare il suo corso come se nulla fosse.
[img4] Come succede a me, d’altra parte. Condannato a pulire pavimenti che attrarranno inesorabilmente altre briciole, o a smacchiare tovaglie sulle quali il vino rosso tornerà a scorrere. Finché la coinquilina, verso mezzogiorno, non decide di alzarsi dal suo giaciglio per recapitarmi un simpatico cazziatone di quaranta minuti incentrato sul fatto che per il bidet avrei dovuto usare la spugnetta azzurra, non quella rosa.
Ecco, ora mi sembra quasi di sentire la voce del tirannico direttore di Hideout che mi segnala che sto esagerando, che ai lettori delle mie beghe casalinghe non gliene frega nulla.
Va bene capo, la pianto subito.
Eppure sono certo che, se raccontassi questo aneddoto a Massimo Bernardini, lui apprezzerebbe.
A cura di Marco Valsecchi
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