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cultura dell'immagine e della parola

Intervista a Zack Snyder

Al secondo film dopo L’alba dei morti viventi, Zack Snyder dirige 300, discusso film sulla battaglia delle termopili tratto dalla graphic novel di Frank Miller.

Cosa l’ha colpita della graphic novel di Frank Miller per sceglierla come soggetto del suo film?

Frank ha preso un avvenimento storico e lo ha trasformato in mito, il contrario di come si fa di solito. C’è qualcosa di nuovo, lui è voluto arrivare all’essenza dell’essere Spartano. Se vai alle Termopili, la statua di Leonida è un nudo, indossa un elmo, uno scudo e impugna una lancia. Sono sicuro che Frank l’ha vista e ha pensato «Bene, è così che devo farlo».
La cosa bella del libro di Frank, e di tutti i suoi lavori, è la prosa che accompagna i disegni. Non sono solo illustrazioni, ma opere di poesia. Il modo in cui struttura la prosa è importante quanto i disegni secondo me. Ho voluto pensare al modo di preservare e onorare le sue didascalie e le sue immagini nel film

La sua scelta è stata quella di girare un film molto lontano dal realismo…

Non volevo girare un film che sembrasse una fotografia, ma far entrare il pubblico nel mondo creato dal romanzo grafico di Frank. Non è un dramma storico. Non è una storia lineare. Il nostro obiettivo era creare un’esperienza completamente unica, diversa da tutto quello che si è visto finora.
Lo sviluppo del look è stato parte integrante del processo. Vai al cinema perché vuoi un’esperienza diversa e proprio questo abbiamo cercato di ottenere con 300. Dai paesaggi alle battaglie, dall’azione alle strutture architettoniche, ogni inquadratura è come un effetto visivo. Abbiamo intensificato il nero dell’immagine e accentuato la saturazione del colore per modificare il contrasto. Ogni immagine è stata sottoposta a questo procedimento, che ha dato al film il suo look caratteristico.

Quando è stata importante per la storia la scelta di avere un narratore?

Avere un narratore permette al fantastico mondo di Frank di prendere vita. E’ stato molto importante che il racconto di Dilios accompagnasse la storia, perché rispecchia nel film la prosa di Frank. Dilios sa bene come non rovinare una buona storia con la verità, se è il caso. [img4]Fa tutto quello che serve, anche gonfiare le cose, per motivare gli Spartani. La sua voce è il flusso poetico del film.

Qual è in definitiva il suo pensiero sul popolo di Sparta?

Gli Spartani vivevano per la battaglia. L’amavano. Combattevano come un sol uomo, schierati in una falange in cui lo scudo di ogni guerriero proteggeva l’uomo che gli stava accanto. Era una visione terrificante, anche per l’enorme esercito persiano. La disparità di forze non era un problema, un vero guerriero desiderava morire per la libertà, la chiamavano “la bella morte”. Si realizzavano nel sacrificio.

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