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cultura dell'immagine e della parola

Il trendy perturbante

Titolo: Nasce Triennale Bovisa
Cliente: La Triennale di Milano
Formato: Statica
Data di pubblicazione: Novembre 2006
Categoria: Events-Esposizioni

Stile e originalità
“Sul fronte della comunicazione pubblicitaria, una struttura innovativa come la nuova Triennale Bovisa, dedicata all’arte contemporanea e alla sperimentazione di nuovi linguaggi, non poteva che presentarsi al pubblico con una campagna pubblicitaria originale e distintiva”.
Con queste parole si apre la sezione comunicazione del sito ufficiale del nuovo complesso architettonico milanese. Un dato di fatto che ci trova assolutamente d’accordo, in riferimento al cartellone pubblicitario, proposto in vari formati, tra i quali quello delle promocard, che ha tappezzato le vie e i locali del capoluogo milanese nei mesi passati.

Campagna d’impatto visivo
La presentazione continua: “È stata scelta una campagna basata sulla volontà di puntare sull’impatto visivo più che sulla razionalità. Se una buona immagine vale più di mille parole, questo è il caso in cui una lettera vale più di mille immagini”. Anche su questo punto, poco si trova da obiettare al sito ufficiale.
La vista rimane senza dubbio colpita dall’accostamento molto forte tra la pelle diafana della modella, che tende a confondersi con lo sfondo bianco, e il rosso acceso dei blocchi che fuoriescono dal cavo orale e da quelli uditivi della modella stessa. Blocchi che, così separati tra loro, non appaiono immediatamente comprensibili, spingendo l’utente, secondo una delle direttive pubblicitarie più diffuse per stimolare l’attenzione dello spettatore, a compiere uno sforzo cognitivo per ricostruire il significato dell’immagine stessa. Solo in un secondo momento, infatti, ci si rende conto che i tre blocchi sono in realtà “una grande T (simbolo della Triennale), fusa con il volto di una donna”.

Colpire con il perturbante
L’intento dichiarato era quello di simboleggiare la compenetrazione dell’arte con la vita di tutti i giorni, evidenziando come il complesso progettato da Pierluigi Cerri si aggiudichi nuovi spazi d’espressione. Si voleva sottolineare l’importanza del nuovo volto della Triennale e della nuova location dell’arte contemporanea a Milano, attraverso un linguaggio segnico trendy (la costruzione dell’immagine è del tutto simile a quella della maggior parte degli hair stylist che tanto vanno di moda oggi) e provocatorio (oggetto invasivo inserito nel corpo umano), secondo la tradizione dell’arte contemporanea.
L’operazione comunicativa è senza dubbio apprezzabile, risultando efficace nel colpire la soglia di attenzione. Le critiche possono essere invece mosse riguardo ai punti sui quali si è scelto di far leva. Una volta rimasti colpiti dalla costruzione dell’immagine presentata, infatti, il fruitore sarà spinto a interpretare la stessa come un qualche cosa di disturbante. Più che nella mente dell’osservatore, la grossa T rossa apparirà conficcata a forza nella testa della modella. L’intrusione è a dir poco violenta, seppur edulcorata, e tenderà a rimanere scolpita nei ricordi del target di riferimento (molto generico, come si capisce soprattutto dai canali scelti per trasmettere il messaggio) soprattutto grazie alla sua essenza perturbante.

Rischio comunicativo
Un’operazione tanto provocatoria e shoccante rischia di far allontanare il pubblico dal ricordo sgradevole dell’immagine, andando a vanificare il lavoro di comunicazione tanto importante per la diffusione di questo tipo di messaggio pubblicitario. Solo una parte del target di riferimento, quella con un bagaglio culturale relativamente ampio in ambito artistico, potrebbe riuscire a cogliere con interesse le sottili implicazioni concettuali dell’immagine. La maggior parte delle persone, al contrario, potrebbe risultarne disturbata e, di conseguenza, allontanarsi dal “prodotto” presentato. E questo, per il cliente, potrebbe risultare un danno molto forte, visto l’intento dichiarato (dalla presentazione del sito ufficiale, ma anche dai canali di pubblicità generici e di massa scelti per la campagna) della Triennale, e cioè raggiungere il più ampio numero di milanesi.

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