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Intervista a Christopher Nolan

The Prestige è il quinto film di Christopher Nolan, l’acclamato regista di Memento e Batman Begins. Abbiamo parlato con lui della sua ultima opera.

Come ha scelto il romanzo di Christopher Priest per iniziare a girare questo film?

Il libro crea un formidabile rapporto tra la forma narrativa del romanzo e le tecniche e le idee usate dai prestigiatori per incantare, e sentivo che l’emozione per me sarebbe stata trovare un equivalente cinematografico. Quello che fanno i maghi e i registi è molto simile, nel modo in cui si fanno avere le informazioni, quello che si racconta al pubblico e quando, e il saper attirare gli spettatori grazie a punti di vista precisi. Noi usiamo le nostre tecniche, vicoli ciechi e false piste, per ingannare il pubblico e creare uno spettacolo soddisfacente. Con The Prestige si offre la possibilità di giocare con questi concetti davanti agli occhi degli spettatori-


Come si è trovato a raccontare per la prima volta un’epoca lontana dalla nostra?

Quegli anni vengono spesso considerati a torto repressivi e soffocanti, e invece sono stati incredibilmente emozionanti per lo sviluppo dell’umanità. C’è stata la seconda rivoluzione industriale, la nascita dell’elettricità, del cinema, il diffondersi dei viaggi intercontinentali e di nuove teorie scientifiche. E’ iniziata anche l’epoca della pubblicità di massa, con cartelloni e manifesti. Un periodo di grandi cambiamenti di cui sentiamo ancora l’influsso. Era una delle prime volte in cui il mondo si trovava sopraffatto dall’informazione visiva. I manifesti erano ovunque e la publicità assaliva la gente che camminava per strada, anche più di adesso. Questa è stata l’immagine che abbiamo dato della Londra vittoriana, che credo dia subito il senso autentico di cosa significasse viverci.


Una rappresentazione di quel periodo differente da quella classica…

Sono rimasto fedele più all’atmosfera che ai dettagli dell’epoca. Molti film storici tengono il pubblico distante dal personaggio, mentre per noi era molto importante immergerci in quel mondo e usare la macchina da presa e le scenografie per trascinarvi anche il pubblico. Volevamo che il pubblico diventasse consapevole dell’effetto che il film sta avendo su di loro mentre si svolge davanti ai loro occhi.

Per questo motivo spesso ha utilizzato la camera a mano?

Esatto, per mantenere quasi tutto a livello degli occhi, coinvolto direttamente con i personaggi, mentre la stessa narrazione è al di sopra dei personaggi. Interpolando le inquadrature, permettiamo al pubblico di esaminare punti di vista diversi che non sempre i personaggi conoscono. [img4]Credo che questo crei una tensione interessante tra il modo più soggettivo di raccontare che avevo in passato e la tradizionale posizione onnisciente che il pubblico ha di solito nei thriller.

Il suo modo di raccontare ci è sempre più chiaro, film dopo film…

Esiste un rapporto preciso tra lo stile del film e lo stile narrativo cui io tengo molto. Secondo me troppo spesso nei film si tende a ripulire il passato, a rappresentarlo più lindo e ordinato di quanto fosse, quindi ho ritenuto giusto creare disordine, farlo a pezzi. Volevamo far apparire lo stesso tipo di intensità del mondo in cui viviamo oggi. Mi piacciono i film che continuano a ronzarti in testa dopo averli visti.

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