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Abracadabra!

Abracadabra!

Promessa…
La prima parte di ogni numero di magia prevede che l’illusionista, partendo da qualcosa di ovvio, di ordinario, dia inizio al suo spettacolo mostrando quello che è lo stato delle cose: così ha fatto Christopher Nolan. La pellicola si apre con il finale. O quasi. La rivalità fra i due maghi è finita, perché uno è processato per aver causato la morte dell’altro. Tant’è. Non sarà ordinario, ma per tutti i fan di Memento (id., 2000) un meccanismo che il regista, coadiuvato alla sceneggiatura dal fratello, aveva già applicato nella sua più nota e premiata produzione. Eppure, qualcosa appare diverso, fin dal principio: è una sottile sensazione che va oltre la splendida fotografia, il montaggio serrato, l’ottimo cast, l’attesa di scoprire in un gioco a incastri di flashback e flashforward cosa ha portato a questo inizio, a questo finale. Nolan è cresciuto. E tanto.

…colpo di scena…
La seconda parte di ogni numero di magia prevede che l’illusionista, per catturare l’attenzione del pubblico, prenda quell’oggetto ordinario che aveva mostrato e lo faccia scomparire, causando lo stupore, ma ancora non l’applauso. Ed ecco mettersi in moto l’incredibile spirale di trucchi, segreti, bugie, incastri e intrighi alla base della rivalità fra Borden e Angier, divenuti, negli anni, Il Professore e Il grande Danton. A scomparire, passo dopo passo, trucco dopo trucco, non è la loro amicizia, quando la capacità di allontanarsi da un’ossessione in grado di distruggere le vite che, per volontà o destino, attraversano le loro. Figli, mogli, amici, amanti, tutti saranno travolti: Nikola Tesla, grande scienziato interpretato magistralmente da David Bowie, ricorda che alcune scoperte hanno un prezzo troppo alto, per essere portate alla luce. Non per i due protagonisti, non per gli autori dell’ingegnosa sceneggiatura. Il trucco non è ancora finito.

… prestigio!
L’ultima parte di ogni numero di magia prevede quello che l’illusionista chiama Prestigio, in cui l’oggetto ordinario scomparso di fronte agli occhi dell’audience ricompare per strappare l’applauso. Non è importante l’uomo che svanisce, ma quello che esce mentre sta calando il sipario. La spirale disegnata dalla regia di Nolan diviene un maelstrom di sentimenti e tensione, ritorni e colpi di scena, disegnando per il pubblico un ritorno che, nell’ultima parte della pellicola, è quasi il crescendo di una tragedia, o di un’opera, capace di lasciare senza fiato, più che per gli avvenimenti espliciti, per quello che celano i segreti che li hanno messi in moto. Tutti gli spettatori sanno che la magia è un trucco, come il cinema. Eppure, ipnotizzati dal Prestigio, preferiscono non pensare che il segreto sta in quanto la realtà somigli a tutta questa finzione.
Nolan crescerà ancora, e deve crescere, per arrivare dove pare voglia. Certo è che questo Prestigio è il miglior trucco che gli sia riuscito. L’uomo che ricompare all’inizio dei titoli di coda, sotto l’indicazione della regia, è senza dubbio un grande illusionista.

Curiosità
Ricky Jay, che interpreta un ruolo marginale di mago nel corso della pellicola, è stato l’istruttore di Bale e Jackman per quanto concerne i piccoli trucchi eseguiti con l’abilità delle mani. Sam Mendes, regista, tra gli altri, di American Beauty (id, 1999) e Jarhead (id, 2005), aveva manifestato interesse nell’adattare il romanzo di Christopher Priest, ma lo stesso scrittore ha insistito, da grande fan delle prime opere di Nolan, perché fosse il regista britannico a portare sullo schermo The Prestige.

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