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cultura dell'immagine e della parola

Bulimia in 3D

Bulimia in 3D

Sgranocchiare, masticare, gustare, assaporare, assaggiare. E ancora: conservare, surgelare, liofilizzare, pastorizzare, essiccare. L’abbondanza di vocaboli sul rapporto fra l’uomo e il cibo – così come quello fra l’uomo e la conservazione del cibo – esplicita in modo inequivocabile la bulimia di contraddizioni che ruotano attorno all’atto della nutrizione.

Buffi animali, gli uomini, secondo le parole di RJ: non hanno più bisogno di procacciarsi il cibo, lo comprano già inscatolato in grandi edifici pieni di confezioni di viveri di ogni tipo; se ne riempiono la casa e ne mangiano a ogni ora; a volte si riuniscono per mangiarne in enormi quantità o per sgranocchiarlo di fronte a una scatola luminosa. Privi del bisogno di procurarsi da mangiare, sono in realtà ossessionati dal farne continue, interminabili scorte. Il ritratto degli uomini abbozzato da Tim Johnson e Karey Kirkpatrick è impietoso, ironico e provocatore: è possibile che l’uomo, in realtà, non abbia mai superato la paura della fame, nonostante i mucchi di cibo a disposizione. O che si costruisca una gabbia di scatole di viveri per non rendersi conto che, al di là della siepe, c’è chi si nutre faticosamente ed è disposto a tutto pur di riempire la pancia. Sottile critica alla sovrabbondanza e al consumismo capitalista.

Peccato che l’impietoso ritratto sia annacquato nel consueto stucchevole racconto pedagogico in 3D per bambini, che lo sguardo alieno e alienante di RJ, Verne e Co. – gli uomini sono gli altri, inquadrati sempre dal basso, dal punto di vista delle bestiole del bosco – non risulti il perno fondante ma sia stemperato dalla morale che, puntuale, non può mancare nel film dell’anno per famiglie. E, guarda caso, la morale del film è proprio l’importanza della famiglia: RJ comprenderà l’importanza del gruppo, dell’aiuto reciproco, della necessità di non prevaricazione sugli altri. Morale scontata e ripetuta, prevedibile come ogni singola scena del film, come il personaggio di RJ, come i siparietti dei titoli di coda.

La bulimia di dettagli in 3D, il pelo sempre più soffice dei personaggi, gli occhioni accattivanti di Emmie, i graziosi porcospini non saziano la fame di una storia originale, sentita e anche necessaria. È ora che l’animazione americana torni a cartoons più nutrienti.

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