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cultura dell'immagine e della parola

Impressioni reali

Impressioni reali

L’occhio del bambino è preparato alla sorpresa, a scolpire i segni della realtà con uno sguardo essenziale che comprende le cose, ne intuisce la giusta rappresentazione e ne esplora la profondità. Sonagachi è il quartiere a luci rosse di Calcutta, una tenebrosa città femminile fatta di tuguri oscuri dove lo scrutare non è consentito e la volgarità è onnipresente. In quest’ambiente dove l’occhio è proibito, clandestino come la vita, l’infanzia è una fase della vita di luci spente e cecità forzata. È un’infanzia priva del senso di sviluppo e di crescita, dove la prostituzione è un fattore genetico a lunga durata che inibisce qualsiasi prospettiva diversa sul mondo.

Zana Briski è entrata in questo sub-mondo e ne ha sconvolto le regole: ha consegnato ai piccoli questo strumento per zoomare sulla vita e renderla arte, ma soprattutto per imparare a guardarla. Per qualche superficiale Born into brothels può essere una specie di esperimento, da confinare nell’antropologia visiva, come fosse uno scarto filosofico.
Il lavoro della fotografa americana è una ricerca non meramente cinematografica, è un assalto al recupero della fantasia seppellita, oltre che la ricerca di un punto di vista supremo (quello appunto dell’occhio immacolato del fanciullo) su uno scenario così assurdo e degradante.
Dalle loro mani si scrivono con una luce così inedita figure discrete, figure diverse tra loro, semplicemente nuove figure. I bambini con le macchine fotografiche sono diversi dall’uomo di Dziga Vertov che con la macchina da presa manipolava la realtà facendone un’immagine spettacolare, prodotta da un super-occhio.

I bambini non puntano questo strumento per stupire gli altri, ma per stupire innanzitutto se stessi. Non manovrano le cose facendole divenire spettacolo ma cercano immagini per scoprire la realtà. Non occorre trovare fuori il sublime, sono le loro mani a plasmarlo con ingenuità.
C’è un’ immagine, in particolare, che se fosse stata realizzata da noi tutti, sarebbe stata presto cestinata: una mano davanti all’obiettivo che guasta la posa e copre la scena.
Un gesto tipicamente infantile, un’azione sciocca: quell’immagine realizzata da uno dei ragazzini, Manik, e che si chiama appunto “Hand” è nella sua in-artisticità uno dei frame migliori, il loro capolavoro. Non c’è controllo del rigore né disciplina della luce, il bambino inventa come il genio, azzardando sulla sua pelle (la mano), lasciando alla realtà un’impressione reale e mai costruita.
La loro esposizione è all’aria aperta, si consuma tutti i giorni con un battito di ciglia che non esaurisce mai l’immaginazione. Facile, ovvio. Tanto sono bambini… A Sonagachi nel mercato dell’amore capita che i bambini si siano scoperti solo ora.

Curiosità
Il film ha vinto nel 2006 il premio Oscar come miglior documentario

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