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Come mitizzare la storia

Come mitizzare la storia

Quasi un paradosso: World Trade Center non è uno spettacolo visivo, ma una gigantografia mostruosa del mito americano post 11 settembre. È uno spettacolo culturale, alla fine. E sembra un film dell’orrore.
L’evento più videoripreso, rivisto talmente tante volte da diventare fiction, è per Oliver Stone la storia di piccoli uomini rinchiusi tra le macerie di un evento incomprensibile, ma già salito al grado di simbolo.
Tragedia, disastro, catastrofe planetaria: niente di tutto questo. L’11 settembre 2001, storia presente, diventa un segno trasparente: due torri, due uomini, parenti sconvolti. E la storia melodrammatica di un ritorno alla famiglia, al calore dell’amore, meglio, come predica la voce off di Cage, alla verità della bontà degli uomini.
L’America si scopre fedele a se stessa, buona, commossa e coraggiosa: vigili del fuoco, agenti speciali, poliziotti, il corpo ardito, maschile e forte degli Stati Uniti d’America, il suo braccio forte, la sua vera anima. Rischiare la vita per gli altri diventa la sola e unica possibilità, con gesti che, attorno al deserto delle Torri, invece di sembrare disorganizzati, inutili, mal strutturati, diventano giganteschi e eroici.

Due uomini a significare il sotterramento di un’intera civiltà e la loro resurrezione a sbandierare la sua potente volontà di vivere, rialzarsi.
Segno di questo riscatto, il marine protestante che decide di recarsi su luogo del disastro e che, chiaramente, riuscirà a individuare sotto le macerie i due poliziotti. Personaggio quanto meno inquietante, questo giovanottone si sente ispirato, addirittura chiamato da Dio ad andare a New York. È l’unico a comprendere la grande “verità”, che l’America è in guerra (questa è la legittimazione alla guerra voluta dalla presidenza Bush, e qui ripresa come verità assoluta e motivo di giusta azione), ed è subito disposto a scendere in guerra, come se quell’evento fosse stato atteso da tempo, come se quell’evento fosse una vera e propria rivelazione per gli Stati Uniti d’America, un nuovo inizio.

Il marines, lato Usa guerresco, e la chiesa protestante, lato Usa religioso. Cristo, già sceso sulla terra, torna sul suolo terreno, d’America, per aiutare il suo popolo eletto, quegli americani di buona volontà colpiti così duramente. Torna da loro Cristo Gesù, portando in dono una bottiglia di plastica, per abbeverare i suoi figli intrappolati sotto le macerie.
È Dio stesso a rivelarsi nelle menti di tutti gli americani quel giorno, a portare il suo aiuto, a guidare gli uomini buoni verso la ricostruzione.
World Trade Center termina come una lapide, a onorare gli uomini che in quel giorno morirono o rimasero feriti. Gli attori diventano uomini veri, in quei nomi che scorrono immaginiamo la sofferenza vera di un popolo. E per questa sofferenza, che Stone sceglie di mostrare in modo stucchevole, banale, stupidamente celebrativo, è la bandiera utilizzata dalla parte più inquietante d’America per giustificarsi, per innalzarsi al di sopra degli altri uomini, per autoleleggersi paladini del mondo.
“Noi siamo Marines, la nostra missione siete voi”.

Curiosità
“Ho affrontato le riprese con spirito buddista, per fare un cinemonumento a tutte le vittime di quel giorno fatale, soprattutto agli eroi accorsi per i soccorsi e che a loro volta furono travolti dalle maceri” – Oliver Stone

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