hideout

cultura dell'immagine e della parola

Odori da guardare e da leggere

Subito, dalla prima pagina, una sensazione di insopportabile fetore avvolge e stordisce il lettore. La capacità della memoria supera le aspettative e vengono evocati odori che si credevano sconosciuti, mai sentiti, o dimenticati. Odori disgustosi, che colpiscono in principio l’olfatto solamente, poi il gusto, fino a prendere lo stomaco e da lì tutto il resto del corpo.
Un inizio violento. Patrick Süskind, conscio dell’esigua maturità olfattiva della maggior parte delle persone, ha pensato di usare una terapia d’urto, per dare il la e poter successivamente guidare il lettore nella sua girandola di sensazioni profumate o mefitiche, che sono l’essenza del romanzo.
Sfortunatamente per Tom Tykwer non è possibile, a livello cinematografico, rapire il pubblico con la stessa rapidità. Descrivere il puzzo è un conto, sono le parole che parlano e se il lettore estrapola delle immagini dalle parole, la gara tra l’immaginazione visiva e quella olfattiva si gioca alla pari. Per mostrare un odore invece è assolutamente imprescindibile l’utilizzo di immagini. Dunque lo spettatore vede le immagini passivamente e attivamente deve evocarne l’odore. E’ per tanto chiaro che le prime hanno una forza d’impatto ben maggiore.
Proprio per ovviare a questo problema il regista utilizza spesso riprese sfocate, distorte, annebbiate, offre il mondo (non) visto da Jean-Baptiste, cioè dalla prospettiva di chi non guarda con gli occhi, perché già vede tutto attraverso gli odori, i profumi e i loro cambiamenti.

Il trucco riesce bene e pian piano lo spettatore viene allontanato dalla sua normale predisposizione al guardare e, come un cieco, cerca di affinare gli altri sensi. Tykwer compie un’opera lenta ma inesorabile, fino a condurre il suo pubblico non solo nel mondo degli odori di Grenouille, ma addirittura alle sue più segrete sensazioni. Ed ecco che quando Grenouille respira, tutta la sala respira con lui.
La possibilità di vedere il mondo come lo vede Jean-Baptiste crea un legame tra il protagonista e il pubblico più forte e più intimo di quello che riesce a evocare Süskin nei suoi lettori, così, paradossalmente, si è più spettatori della vita di Grenouille leggendola piuttosto che guardandola.
Da parte sua il libro regala sfumature, dettagli, spiegazioni, si dedica a storie parallele abbandonando temporaneamente la narrazione principale. Süskind riesce a raccontare in poche parole vite intere, descrive con sintetica efficienza anche i personaggi di minor importanza così da dare un panorama completo del contesto in cui si muove Grenuille. Misura con sapienza i tempi del libro avendo cura di creare il giusto equilibrio tra la preparazione all’azione, più lenta e faticosa, e l’azione vera e propria, che tiene incollati alle pagine col fiato sospeso.

Nel film però è stato necessario eliminare tutti questi orpelli che impreziosiscono il libro perchè non diventassero un ostacolo all’armonico fluire delle scene. Spesso proprio qui nasce il problema: scegliere cosa salvare e cosa no dalla trama originaria, ricucire tra loro scene inizialmente separate, creare le nuove necessarie [img4]connessioni logiche. Sotto questo aspetto il lavoro di Tykwer è ineccepibile. E’ riuscito infatti a dar vita a un’opera che, senza ripudiare l’originale, riesce a distaccarsene, potenziandone il valore attraverso l’utilizzo del diverso mezzo espressivo.
L’inserimento di alcuni accurati riferimenti che solo i conoscitori di Süskind potevano notare (vedi il naso rotto di Madame Gaillard) rappresenta un tocco di raffinatezza che diletta chi aveva già letto il libro senza assolutamente danneggiare l’autonomia narrativa del film.
Entrambe le opere, ciascuna nel proprio genere, restano indiscutibilmente degli esperimenti riusciti, a dimostrazione del fatto che osando e sperimentando l’arte riesce vincente anche nelle sfide più incredibili.

Il profumo, di Patrick Süskind, 1985
Profumo – Storia di un assassino, di Tom Tykwer, 2006

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»