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Duri e Pupe anni quaranta

Duri e Pupe anni quaranta

La Vittima
Hollywood, 1947, un efferato omicidio sconvolge la città. Il corpo di una bellissima starlette, soprannominata la Dalia nera, viene ritrovato, nelle sterpaglie, sviscerato e segato in due.
Inizia la caccia all’assassino… Un fatto realmente accaduto, di cui non si scoprì mai il vero colpevole, una soluzione costruita ad arte su cui James Ellroy ha costruito un romanzo.
Una brutta faccenda per i due detective più in gamba della città, che oltre al lavoro rischiano di condividere anche la ragazza.

Un terzetto chiamato: lei, lui, l’altro minacciato da…
Ritorna il ragazzotto più irriverente d’America, Josh Hartnett, nei panni di Bucky “dal pugno facile” Bleichet, un duro tutto sigarette e cappellaccio che seduce pupe dal rossetto incandescente e dal gusto pericoloso. Il suo collega, l’ombroso e inquieto Lee “benzedrina” Blanchard, trascura la bella fidanzata Kei biondo platino (Scarlett Johansoon), ex prostituta redenta che non esita un secondo a gettarsi tra le braccia dell’altro, ovvero Josh, quando il compagno muore…
Il brillante ménage à trois viene disturbato dall’inattesa Madeleine “perversione” Linscot (Hillary Swank, sempre bravissima) ricca e viziata figlia di “paparino” dai gusti sessuali promiscui. La sua famiglia ricorda vagamente quei musei degli orrori dove statue di cera rugose ma perfettamente vestite spaventano al primo sguardo.
I personaggi non deludono, specialmente la triste Dalia nera (un’ottima Mia Kishner), che compare piangente in spezzoni di bobine bianco e nero, testimoni di provini dal gusto equivoco e di pornofilie cavalcanti.
Una parata di femmes fatales del passato, calze sgualcite, filmini compromettenti, fanciulle dalla reputazione dubbia, casti maglioncini che nascondono passati da dimenticare, ricchi pazzi e viziosi. De Palma è tornato, la sua tragica ironia firma ogni fotogramma, altrettanto quel suo discreto gusto a luci rosse. Dialoghi veloci e caricati ricalcano perfettamente lo stile di Ellroy nei romanzi; i protagonisti, misuratamente paradossali, incarnano bene un’epoca fatta di gangster, donne pericolose, poliziotti dalla scorza dura ma buoni nell’animo.

Immagini indimenticabili: un Josh Hartnett nudo e munito di solo cappello che accende due sigarette contemporaneamente, lesbiche travestite da uomo che assistono a glitterati balletti saffici in ridondanti postriboli di cristallo, il fotogramma ingrigito (e vagamente Hitchcokiano) della Dalia nera divorata dai corvi, il quadro di un pagliaccio come galeotto risolutore dell’enigma.
Tuttavia il ritmo barcolla, troppo lunga e lenta la prima parte, troppo veloce e immediata, la spiegazione finale sull’assassinio. Troppi nomi, troppe intuizioni “flash” all’interno del racconto, troppe storie che si intrecciano. Si rischia di capirci veramente poco, la trama sembra fare acqua dappertutto, a meno che non si guardi chirurgicamente il film senza distrarsi un secondo.
Bello, ma troppo confuso!

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