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Batman, supereroe e uomo – Seconda parte

Batman di Joel Schumacher: il senso dello spettacolo
La grana del racconto cambia decisamente nei due successivi film di Joel Schumacher: il loro principio fondante è esplicitato bene in una battuta di Edward Nigma in Batman Forever del 1995: «La differenza tra Batman e Due Facce sta nel fatto che Batman ha il senso dello spettacolo». Come potrebbe essere diversamente: Burton l’aveva sussurrato, Schumacher lo grida, trasformando l’ambiente e l’azione da favola gotica in gioco pop, pieno di colori fluo e acrobazie circensi. L’eredità dei primi due film è comunque forte, si percepisce già nella scelta di introdurre Robin, vero doppio di Batman, generato anch’esso dalla perdita dei genitori e dal bisogno di vendetta. Ma ancora di più, Robin è un’altra creatura nata dal costato di Batman stesso: Bruce Wayne, riflettendo sugli omicidi appena accaduti al circo, dice: «Ho ucciso io i genitori di quel ragazzo», per poi correggersi in: «Li ha uccisi lui, li ha uccisi Due Facce». Batman non riesce a definirsi pienamente altro dai suoi nemici, anzi, qui in modo plateale, si dichiara gemello di Harvey: Bruce vede nella manifesta doppiezza del suo nemico, la propria identità divisa, ma nascosta, che tende sempre di più a farsi visibile.
La mente di Wayne si mostra all’Enigmista e a Due Facce come la caverna dove si nasconde il pipistrello. E mentre Nigma cerca di sovrapporre il proprio simbolo, il punto di domanda, a quello di Batman, sia Batman forever che Batman e Robin (id., 1997) continuano a fare sfoggio di tutto il merchandising che la figura dell’eroe di Gotham riesce a produrre; non a caso, l’incipit di entrambi si concentra sulla vestizione del pipistrello e dei compagni: pettorali di gomma, guanti di pelle, maschere, ironiche inquadrature di glutei marmorei. Non a caso, la scena finale di Batman forever è un quiz show all’ultimo sangue, con le vallette e un conduttore eternamente sorridente in tutina luccicante. E poi arpioni, macchine, dall’automobile alla barca all’aereo, dalla tuta classica a quella super tecnologica, dagli stivali a propulsione fino ad arrivare alla nascita definitiva del suo giovane partner, con la tuta rinforzata e il simbolo della R., il nome che sancisce la nuova identità di Robin.
Proprio da li parte il secondo film di Schumacher, il quarto della serie, Batman e Robin: se nel precedente il nome/titolo era sostituito dal segno del pipistrello, qui i segni diventano due e accostati stanno a significare il titolo del film, ancor prima delle scritte. Schumacher spinge decisamente per l’esplosione visiva: corse in moto, luci dall’atmosfera tecno (dall’intenso blu polare di Mr. Freeze, ai verdi e rossi di Poison Ivy), coreografie di combattimenti che stanno tra il balletto sul ghiaccio e la partita di hockey. Quasi una ripetizione del film precedente, ma che vuole porsi come conclusione di una quadrilogia: l’iniziale solitudine dell’eroe viene annullata dalla nascita di una famiglia alternativa, con la resurrezione ideale di Alfred, la costituzione del ruolo di Robin, l’inserimento della sorella putativa BatGirl.

Batman begins: un nuovo inizio
L’ultimo capitolo di questa serie, porta alla luce l’oscurità racchiusa dentro il mostro e manifesta un passato mai visto prima. Da subito, i loghi della Warner Bros. e della DC Comics appaiono in bianco e nero: siamo in un racconto antico, che vuole essere ancestrale, che vuole rappresentare il principio. Dopo quattro film, in cui sempre di più il simbolo diventava l’unico valore significativo, qui la mutazione è arrivata alla sua forma più perfetta: Batman begins è un film senza titolo, che si apre con un’immagine confusa e assordante di un cielo coperto da pipistrelli neri che, per un attimo, in secondo piano, vanno a formare l’ombra di un pipistrello gigantesco. Batman è più che mai un logo leggendario, che per manifestarsi e incutere terrore può solamente essere allusa. E poi l’incipit: il piccolo Bruce che, ancora bambino, cade in un pozzo e viene assalito da un branco di pipistrelli. Quell’inizio, quel primo incontro che aveva terrorizzato il piccolo Wayne, non è altro che un sogno, un incubo. Nel flashback, che è immaginazione, ricordo di un passato, ossessione del terrore, li nasce Batman.
L’evoluzione scelta da Nolan per il film è quanto mai diversa dalle precedenti: paradossalmente, qui l’origine e la storia dell’uomo pipistrello sono inserite in una cornice realistica, dalle tinte oscure ma nitide, che non lasciano spazio alla favola di Burton o allo spettacolo cinematografico di Schumacher. Qui Batman è quanto mai uomo: allenamento fisico, lividi sul corpo, armi costruite a mano, gadget progettati insieme a Lucius Fox. Tutto è concreto e plausibile, e concorre alla creazione di un essere che ha ben poco di sovraumano: il film si concentra tutto sul concetto di terrore. È la paura l’arma più micidiale, il nemico da combattere. Un nemico con cui Bruce Wayne cerca continuamente di scontrarsi: nella scazzottata iniziale con i carcerati, Bruce sostiene di aver combattuto contro 7 uomini, mentre il suo futuro maestro (Liam Neeson) ne conta solamente 6. Quell’uomo in più non è altro che la parte oscura che perseguita il giovane Bruce, la sua ossessione, il suo bisogno di vendetta, la sua ombra.
Nolan è riuscito a sradicare il cuore del supereroe senza privarlo di magia, anzi, complicando la sua intimità e l’ambiente che lo circonda: la Gotham City pre-Batman è una città opulenta, di grandi palazzi vetrati, di alberghi lussuosi, che ancora non lascia trasparire la sua decadenza, i suoi angoli sporchi e arrugginiti. La Gotham pre-Batman combatte contro la criminalità in forma di malavita, non contro strani mostri mascherati. Le maschere a Gotham arrivano con Batman: il dottor Crane, primo e primitivo freak, mostra il suo volto da spaventapasseri solo dopo l’ingresso in scena dell’uomo pipistrello.
L’inizio forse arriva alla fine. Batman comincia una nuova vita dopo aver trasformato i segni del suo passato: ucciso il Maestro, colui che come un padre lo ha creato, chiuso il pozzo del terrore infantile, distrutta la casa del padre, Batman si appresta a ricostruirla, ma non come l’originale. Bruce Wayne, infatti, diventa grande, si libera parzialmente della propria infanzia, e, come dice il tenente Gordon, “dà inizio a qualcosa nelle strade di Gotham”: inizia, cioè, a fare figli, quasi come un’erba cattiva attaccata ai tetti dei palazzi. Ed ecco, Batman trasmette il gusto della teatralità anche a tutti gli altri criminali: il primo figlio sarà proprio il Joker. E la storia ricomincia.

Curiosità
Christopher Nolan ha previsto l’uscita del sequel del suo Batman begins per il 2008: tratterà lo scontro tra Batman e il Joker.

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