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cultura dell'immagine e della parola

Sottocultura moderna

Antonio Ricci sa quello che fa. È provato. E comunque lo dicono tutti.
Antonio Ricci è L’Autore.
Quando non era ancora trentenne scriveva Fantastico con Beppe Grillo. E negli anni Ottanta ha dettato le regole della comicità in Tv con Drive In. Ha firmato Odiens, che era trasgressivo. E Striscia la Notizia, che prima di logorarsi era metatelevisivo. Veline, che ha segnato la nascita di un trend sociale e di una mitologia contemporanea. Ma anche Velone, che in fondo dimostrava come tutto fosse una farsa. Ci ha rallegrato l’infanzia con Paperissima, e questo lo ha messo al riparo da eventuali critiche per il controverso Paperissima sprint.
Io ho anche letto il suo saggio Striscia la Tv e vi assicuro che quest’uomo non ha avuto colpi di fortuna: lui ci sa fare.

Quindi, quando alle 20,30 su Canale 5 parte la sigla iniziale di Cultura Moderna, il suo nuovo game show estivo, non possiamo semplicemente dire: «Porcata!» e cambiare canale. Dobbiamo sforzarci di capire.
È necessario che noi si cerchi di comprendere perché Antonio Ricci abbia voluto metterci alla prova con una versione spompata della Corrida, dove i concorrenti allo sbaraglio non sono veri e propri dilettanti e quindi non generano effetti genuinamente comici.
È importante che ci si chieda perché a tenerci compagnia debba essere Teo Mammucari, che a molti potrebbe sembrare un animatore da villaggio turistico assai sgradevole.
È assolutamente fondamentale che si rifletta su che cosa sia mai diventato il Gabibbo, che un tempo (io lo ricordo!) era uno splendido pupazzo e ora pare un pessimo essere umano.
È altresì imprescindibile che noi tutti si compia una disamina attenta dell’eventuale portata satirica di un quiz televisivo dove la “cultura in quanto tale” è rappresentata dalla perfetta conoscenza da parte dei concorrenti dei personaggi che popolano la Tv medesima.
Ed è infine auspicabile che si cerchi di collocare la conturbante valletta del programma all’interno del continuum sociologico che parte da Lory Del Santo per arrivare a Melissa Satta.

Io sono giorni che ci provo. Guardo, prendo appunti, ipotizzo, tento vie semiotiche e scorciatoie linguistiche, per poi perdermi in derive critiche e secche metodologiche.
Mi scontro sempre con la questione estetica: questo programma lo definirei “brutto”. E con quella emozionale: è anche noioso. Per non parlare di quella artistica: Cultura Moderna non aggiunge nulla a quanto sia mai stato fatto in Tv e comunque non lancia provocazioni degne di nota.
Allora mi prende lo sconforto, chino il capo e mi sento ottuso. Mi pare quasi di riuscire a visualizzare Antonio Ricci, che dall’empireo dei grandi autori sorride e mi sussurra bonario: «Anche questa volta è record di ascolti».
E allora, visto che lui sa quello che fa, i casi sono due.
O Ricci ha definitivamente ceduto al Lato Oscuro della Forza, oppure è il pubblico italiano che riesce a demotivare anche i migliori.

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