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cultura dell'immagine e della parola

La reconquista de España

La reconquista de España

Per fortuna la Spagna non è solo quella, sempre uguale a se stessa, dipinta da Almodóvar (che però produce il film). E forse ci voleva un messicano per dircelo. Guillermo Del Toro, visionario regista messicano, ci regala un ritratto del Paese lacerato dal conflitto tra franchisti e resistenti comunisti, in cui la superstizione e la precarietà dominano la scena. In questo modo le paure si fanno reali, prendono forma semi-fisica, quel tanto che basta per interferire con la vita umana e rimettere ordine tra le sue meschinità. Il tutto con un occhio più attento al ritratto dettagliato dei giovani protagonisti che non alla ricerca del colpo di scena; ed è forse questa scelta che rende più interessante il film, liberandolo dall’ossessione della paura a tutti i costi e spingendolo verso una maggiore introspezione psicologica. E mentre nella prima parte il regista omaggia il mondo dell’infanzia di twainiana memoria, nella seconda è Il signore delle mosche di William Golding a ispirare Del Toro per il ritratto del gruppo dei giovani orfani.

Una poetica riflessione sui fantasmi, veri o presunti, apre e chiude infine questo racconto per immagini, lasciandolo sospeso come una parentesi sull’eternità.
Per misteriose logiche distributive questo film arriva in Italia con cinque (5!) anni di ritardo, in piena estate, senza il minimo sostegno promozionale nonostante la qualità di regista, interpreti e (non da ultimo) produttori.
Alla luce delle numerose pellicole uscite nel frattempo, in cui l’approccio all’horror si faceva meno sanguinante e più intimista, questo film, che oggi può apparire poco originale, acquista invece la valenza di un quasi-capostipite del genere (fu realizzato nello stesso anno di The othersid., Alejandro Amenábar, 2001), rendendo giustizia al talento semisconosciuto di Del Toro.

La prova degli attori è intensa, adeguata all’atmosfera arida e sanguigna, con tratti di umanità primordiale alternati a poetici siparietti tardo coloniali; chi però si distingue sopra tutti è il gruppo di bambini, che si presentano come un unico blocco di pensiero-azione per la loro incredibile capacità di compensarsi a vicenda, offrendo una performance divertente e affascinante.

Curiosità
Guillermo Del Toro ha impiegato sedici anni per portare a termine questo film, avendo iniziato a scriverlo ai tempi dell’università.

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