hideout

cultura dell'immagine e della parola

Scarpe da drag queen nella provincia londinese

Scarpe da drag queen nella provincia londinese

Se ci sono di mezzo drag queen, travestiti, transessuali o quant’altro, il cinema non sembra proprio saper rinunciare al politicamente corretto a tutti i costi. La paura di offendere, di apparire malevolo o forse addirittura razzista, di rischiare di addentrarsi in ambigue questioni, sembra avere quasi sempre la meglio. E così, i ritratti che vengono fuori sono spesso eccessivamente buoni, addirittura irreali nello sfiorare moralità angeliche: le drag queen appaiono come fatine benevole che con la bacchetta magica sono in grado di migliorare qualsiasi persona incontrino. Da Priscilla – La regina del deserto (Priscilla, Queen of the Desert, Stephan Elliott, 1994) a A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar (To Wong Foo, Thanks for Everything! Julie Newmar, Beeban Kidron, 1995), fino al ben più irriverente Hedwig la diva con qualcosa in più (Hedwig and the Angry Inch, John Cameron Mitchell, 2001), e il nostrano recente Mater natura (id., Massimo Andrei, 2004), i protagonisti sono davvero sempre tratteggiati come persone splendide, la cui sofferenza per problemi di accettazione e integrazione, ha portato ad avere una sensibilità particolare. Anche Kinky boots non è esente da questo discorso: sembra proprio il sovrabbondante buonismo a tarpare le ali a una pellicola che altrimenti poteva guadagnare in ironia e originalità.

Niente di particolare da segnalare nel linguaggio cinematografico del regista Julian Jarrold, che, nel complesso, orchestra una commedia divertente, in perfetto stile inglese. Una fotografia complice, fredda nel ritrarre le grigie e piovose atmosfere nord londinesi, colorata e calda nel disegnare l’esuberante mondo tutto lustrini delle drag queen e dei loro locali; una colonna sonora ancor più complice, forse un po’ banale nel riproporre i temi delle più famose icone gay, da Nina Simone a David Bowie fino a James Brown; una sceneggiatura che, quando non cade nel gioco del sentimentalismo, riesce a raggiungere punte di puro humor che sfiorano quel sano imbarazzo che un po’ di cinismo ben fatto deve creare; il cast, eccezion fatta forse per Joel Edgerton, che sembra calcare troppo la mano sulla figura del buono e giovane imprenditore che fa di tutto per non licenziare i suoi dipendenti, è ottimo, con una sempre brava Linda Bassett, anche se qui impiegata in un ruolo minore; soprattutto il trasformista Chiwetel Ejiofor, già ammirato in film come Melinda e Melinda (Melinda and Melinda, Woody Allen, 2004) e Inside man (id., Spike Lee, 2006).

Se tutti gli ottimi spunti anche contenutistici (dalla società contemporanea capitalista e arrivista alla difficoltà di integrazione da parte del diverso, dalla scoperta del vero amore all’apertura di mentalità della provincia) fossero stati trattati con più leggerezza e autoironia, questo piccolo film sarebbe probabilmente diventato un piccolo grande film.

Curiosità
Julian Jarrod sarà il regista del film annunciato Becoming Jane, il ritratto biografico di una Jane Austin non ancora famosa e la sua storia d’amore con un giovane irlandese.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»