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cultura dell'immagine e della parola

Holly e Benni

La critica televisiva presenta almeno due vantaggi rispetto – ad esempio – a quella cinematografica.
Il primo: nessuno ti chiede di dare i voti in stelline. Il secondo: quando recensisci una serie Tv hai almeno due puntate di tempo per cambiare idea prima di scrivere il tuo articolo.
Dopo aver terminato la visione del terzo episodio della Compagnia dei Celestini (dal lunedì al venerdì, ore 9.05, Raidue) ho gaiamente deciso di sfruttare entrambi i privilegi.

Vi dirò che su questa serie d’animazione italo – francese affidata alla regia di Pierluigi De Mas, già andata in onda nel recente passato ma oggi riproposto in occasione dei Mondiali di calcio, mi ci sono fiondato come un siluro.
Perché quando la fonte d’ispirazione è un romanzo clamorosamente bello firmato da un autore come Stefano Benni, l’attenzione è d’obbligo.
Eppure, proprio le aspettative legate al libro mi hanno inizialmente fatto storcere il naso: «Hey – mi sono detto – qui l’ispirazione è veramente vaga. L’ambientazione è diversa, la storia anche, i personaggi conservano il nome originale ma sono caratterizzati in tutt’altra maniera».
E così ho iniziato a scuotere la testa e a riempire un taccuino di appunti su tutte le distorsioni e i presunti tradimenti perpetrati ai danni del rigore filologico.
Nel frattempo mi sono visto la seconda puntata, in cui finalmente viene mostrato l’ineffabile sport della pallastrada. E non l’ho trovata niente male. E allora ho visto anche la terza, in cui i nostri eroi si esibiscono in una frizzante partita. E mi è piaciuta parecchio.
Conclusione: ho buttato via il taccuino.

Il punto è che, a differenza del predecessore letterario, questo è un prodotto pensato principalmente per i bimbi. Certo, il tratto è stiloso e la narrazione giocosa, quindi può non dispiacere anche ai più grandi, ma a patto che lo guardino senza troppe impalcature mentali.
Il concetto di fondo, d’altra parte, è semplicissimo: qui va in scena il pallone come lo si gioca nelle piazze e nei parchi, con regole approssimative e spirito casinaro.
Non c’è l’arbitro quindi non si simula, non ci sono le traverse quindi la palla è alta quando il portiere non ci arriva, non ci sono le linee laterali quindi si continua a giocare anche lontano dalle porte.
In un certo senso, siamo di fronte all’antitesi del celeberrimo Holly e Benji (che, a modo suo, era comunque un capolavoro). Qui i giocatori non sono calciatori in miniatura, ma bambini a tutti gli effetti, e la pallastrada non è un mestiere ma un divertimento segreto e rivoluzionario che gli adulti non possono e non devono scoprire.
Altrimenti finisce come nella realtà, dove i “campioni” si tirano le gomitate in faccia, vengono espulsi e non giocano più…

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