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L’innocenza della bellezza

L’innocenza della bellezza

Nella caotica vita moderna qualcosa si è perso. Se si è in cima a una piramide Claudio Piersantiaziendale, poi, del mondo che ci circonda sicuramente si è perduta l’innocenza e il colpo d’occhio sulle piccole cose. È un momento storico particolare il nostro, ricco di velocità tecnologiche, arrampicate sociali e mediatiche, violazioni della privacy e volontà di uniformare le menti. Siamo di fronte alla necessità di proteggere valori antichi che sembrano essere corrosi dalle ventate violente della contemporaneità, che rischia la collusione con la realtà e sembra non accorgersene.

Enrico Metz, avvocato e braccio destro di uno dei più importanti imprenditori milanesi, decide di tornare a casa e difendersi. Dopo le lunghe battaglie per salvare dalla bancarotta l’azienda per cui aveva lavorato tutta una vita, stanco e affaticato, prende i suoi bagagli senza neanche avvertire e si stabilisce nella casa paterna, in una piccola città di provincia. La speranza è quella di ritrovare la quiete dopo la bufera, di rintanarsi in un pertugio fatto di ricordi e vecchie amicizie. Il calmo e semplice ticchettare dei secondi, lo sbocciare di una rosa, la bellezza di un passo di danza: la primitiva emozione del mondo guardato dagli occhi di bambino, questo vuole riscoprire Enrico Metz.

Scrittore dal ritmo lento ma ben cadenzato, anche in questo romanzo Piersanti lavora sulla introspettiva forma dei sentimenti. Con essenzialità e precisione la sua penna è la voce narrante di una storia contemporanea in cui «sembra non succeda niente di straordinario e invece». In quello sfondo così fitto di nebbia si muovono personaggi dai pensieri profondi, figure losche e poco rassicuranti, amori di naturale bellezza. Il ritmo della serena respirazione si snoda tra queste pagine – scritte con eccezionale abilità – come se il lettore entrasse nel corpo del protagonista.

Stendersi sul verde prato della vecchiaia dopo un’esistenza di faticose guerre: Enrico Metz vuole riposarsi e gustare la vita, lasciando agli altri ciò che a lui non interessa più. Ma non sempre è facile e anche in un piccolo centro la quotidianità è infestata d’intrighi, di politica, di affari. Così, in una routine fatta di piccoli gesti, Enrico si trova immerso nei giochi di un potere che si vendica della sua noncuranza e vuole trascinarlo a ritroso, in quella vita già vissuta.

La solitudine e il rintanarsi tra le mura domestiche è la cura essenziale per la necessaria felicità e per dedicarsi totalmente agli ultimi anni di vita. Pacifico e di saggia attesa della morte, ecco con quale tono si chiude la narrazione di Piersanti, che con sapiente comprensione della vita, sembra lanciare al suo personaggio un augurio di straordinaria poeticità: «Buon viaggio, Enrico».

Claudio Piersanti è nato in Abruzzo nel 1954. Laureatosi in Filosofia a Bologna, attualmente vive tra Roma e le Marche. A lungo giornalista scientifico (si è occupato prevalentemente di tematiche legate alla neurobiologia), è anche autore di sceneggiature cimematografiche (ha lavorato soprattutto con Carlo Mazzacurati) e di un libro a fumetti, Stigmate, scritto con Lorenzo Mattotti. Tra i suoi libri: Casa di nessuno (Feltrinelli, 1981), L’amore degli adulti (Feltrinelli, 1989), Luisa e il silenzio (Feltrinelli, 1997) e L’appeso (Feltrinelli, 2000).

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