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The Truman show

The Truman show

Assoluzione o esecuzione degli assassini: tale è il presupposto sul quale poggia tutta la bella pellicola di Ben Miller, che il prossimo cinque marzo potrebbe ricevere una consacrazione meritata alla notte degli Oscar.
Il Capote interpretato da Hoffman, solitamente eterno comprimario ma questa volta issato a ruolo di protagonista, risulta essere un mefistofelico combinarsi di tenerezza e disprezzo, amicizia e cinismo. Uno scrittore che con pochi romanzi all’attivo seppe rivoluzionare il genere narrativo proprio grazie al cult A sangue freddo. Un romanzo – documento, uno sguardo neutrale sul contrasto fra una comunità rurale come quella di Holcomb e la follia omicida impersonata da due ragazzi apparentemente innocui.

La sceneggiatore Dan Futterman, esperto di cinema e Tv, trae dalla biografia di Gerald Clarke, datata 1988, lo spunto necessario per una confessione a trecentosessanta gradi della coscienza di un uomo, che pur di riuscire a portare a termine la propria opera più imperitura s’imbatterà con essa restandone irrimediabilmente travolto, tanto da non essere più in grado di portare a compimento nessun romanzo. Futterman e Miller, entrambi all’esordio, optano per una scelta difficile e complessa: non il semplice biopic dello scrittore ma il dipinto di una personalità fragile che non seppe riconoscere la frustrazione psicologica a cui sarebbe andato incontro lavorando a così stretto contatto con una storia cruenta e, per lui, coinvolgente. La scelta del duo Miller e Futterman è stata più che positiva: Hoffman è seducente e mellifluo esattamente come il vero Capote, il lavoro di dizione eseguito per assumerne le fattezze vocali è preciso quanto la ricostruzione degli atteggiamenti dello scrittore originario di New Orleans, con il quale si crea una perfetta sovrapposizione che ricorda il lavoro creato per il film Gandhi, (id., Richard Attenborough, 1982), interpretato da Ben Kingsley. Non va di certo dimenticata nemmeno la ricostruzione dei salotti borghesi di New York, popolati da scrittori e persone di spettacolo, fra i quali si scorge la materna figura della scrittrice Harper Lee, interpretata da Catherine Keener, che per Capote fu vero angelo custode.

Un’opera che risulta quindi una perfetta fotografia degli States anni cinquanta, senza esprimere un giudizio sulla reale natura di uno scrittore cui nemmeno una trasposizione cinematografica ha saputo rendere giustizia fino in fondo.

Curiosità
Philip Seymour Hoffman è stato premiato con il Golden Globe 2006 come miglior attore protagonista. Il film è nominato all’Oscar 2006 in cinque categorie: miglior film, miglior regista, miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista, miglior sceneggiatura non originale. La pellicola è stata anche presente al Festival di Berlino 2006, fuori concorso.

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