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Manuale di sopravvivenza per eventi straordinari

Manuale di sopravvivenza per eventi straordinari

Si respira un’aria molto occidentale nella Shanghai del 1936 in cui si ambienta La contessa bianca. Bar, locali da ballo, case di tolleranza. Una dinamica, spensierata e rampante società alla ribalta di una realtà di ben altra natura, fatta di tensione sociale e di miseria. Russi, francesi, americani, giapponesi, ebrei nessuno manca nel melting pot asiatico pre-maoista. Semmai a figurare poco sono proprio loro, i cinesi. Lo sforzo di ricostruzione storica è affascinante e curato fin nel dettaglio. I tram, le rare automobili, una schiera sconfinata di prostitute, in lotta per la sopravvivenza. Tutti con il loro bagaglio di vissuto, i loro problemi ma una grandissima dignità. Donne con lunghi vestiti, uomini con baffi e barba ben curati, tutti coperti dai cappelli più vari abbinati all’abito, anche i meno abbienti.

La protagonista parla con gli occhi e con il sorriso. Fa parte della nutrita rappresentanza dei nobili russi decaduti e cacciati dalla patria in seguito alla rivoluzione. Alcuni si sono ricostruiti una posizione grazie all’intercessione dei diplomatici occidentali, specialmente quelli francesi. Altri vivono alla giornata, in una condizione che ha molto di surreale: possedere un solo letto per tre o quattro persone non sembra incidere sull’atavica avversione nei confronti del lavoro, e nulla può fare rinunciare alle pomeridiane partite di bridge. La famiglia, l’onore e la reputazione davanti a tutto, ma solo per salvare l’apparenza. La realtà infatti è un’altra. Gli uomini guadagnano da vivere con lavori umili. Le donne con ogni ballo, con ogni cliente conquistato e sottratto alle altre, prostituendosi in maniera quasi pudica, mai “sciatta”.
C’è molto luogo comune nel tratteggiamento dei personaggi, ma anche una grande ricerca nelle loro caratterizzazioni. Ebrei grandi lavoratori e saggi nella loro filosofica indifferenza alle provocazioni degli antisemiti di ogni continente, francesi spacconi, americani distratti e sopra le righe. Il meno convincente è proprio il protagonista maschile di questa storia: il diplomatico statunitense cieco interpretato da un ottimo Ralph Fiennes. Se la prima anomalia umana consegnataci dal racconto è rappresentata dalla principessa russa ritrovatasi donna di compagnia ed emarginata dalla famiglia, la seconda è personificata dall’evanescente e inquieto occidentale. Misantropo e sognatore, fumatore e bevitore accanito come richiesto anche a tutte le comparse del film, vive un’esistenza parallela, inseguendo il suo disegno del Bar perfetto mentre il destino del mondo si compie su disegni più grandi. In fin dei conti quello di cui avrebbe bisogno è dell’affetto di una buona badante.

Ma solo le sequenze conclusive, dopo molte e interessanti pennellate, prenderanno la strada dell’epilogo sentimentale, dimenticandosi però di chiudere il cerchio narrativo, dilatato a dismisura.
Alla bella vita dei locali di Shanghai, del Bar della Contessa bianca e delle piste da ballo, sopravvivranno solo il rumore e la distruzione della guerra annunciata, portata fin lì dai Giapponesi. In fondo, quando le disgrazie si abbattono su di un’intera popolazione, anche due signori dal grande passato in lotta con le difficoltà del presente potrebbero non passarsela così male. Soprattutto se scoprono che l’unione fa la forza.

Curiosità
Se volete provare il brivido di sedervi in un cinema ed essere i soli, con La contessa bianca avete buone possibilità: 130 copie distribuite ed un incasso settimanale di 142mila euro, fa una media di circa 6 spettatori per sala!

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