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Postcomunismo vs capitalismo

Postcomunismo vs capitalismo

Il postcomunismo. Argomento oscuro, trattato non spesso dalla cinematografia mondiale. Ancora meno da quella polacca. Lo fa Zanussi, pluripremiato regista polacco cattolico (suo il film Da un paese lontanoFrom a Far Country, 1981 – ritratto di Papa Wojtila), in un film dai tempi eccessivamente dilatati ma che riesce a rapire l’attenzione proprio grazie alla tematica: la storia di due vecchi amici, un tempo legati dagli stessi ideali e probabilmente anche dall’amore per la stessa donna; i due si rincontrano in una società totalmente cambiata e si interrogano su ciò che è nato dalle macerie del regime comunista. La sconfitta degli ideali in cui un tempo si credeva strenuamente, la nascita di una matassa inestricabile di sospetti, la perdita di valori. Una Polonia contemporanea afflitta da droga e prostituzione, fiaccata da leggi di mercato che la escludono da ogni importante traffico internazionale. Il confronto tra due uomini, uno ancora legato al passato e a tutto ciò che rappresentava, valori compresi, l’altro più scaltro, forse disilluso, forse assorbito dai giochi di potere.

Sebbene quindi il tessuto narrativo, compresa la sceneggiatura (scritta dallo stesso regista) ben punteggiata e bilanciata anche se a tratti un po’ troppo palese e scontata, risulti interessante, anche insinuandosi nelle pieghe di uno pseudo thriller, è il linguaggio cinematografico che non riesce mai a spiccare il volo, rendendo l’opera non troppo interessante: una macchina da presa quasi sempre ferma, quasi inerte, che non va a cercare nessun appiglio per creare un linguaggio particolarmente personale; nessuno slancio straordinario, tanto da far apparire a tratti la pellicola un film televisivo, per la piattezza e la mancanza di efficacia. Unico tratto davvero distintivo un’eccessiva tendenza a soffermarsi su dettagli, su primi piani insistenti, anche se è stato il regista stesso a dichiarare e quindi a giustificare: “Il film si affida alle interpretazioni degli attori come mezzo espressivo principale”.

Da contorno una musica spesso insignificante sebbene pomposa e una fotografia altrettanto impersonale, che segue pedissequamente la macchina da presa senza apportare niente di particolarmente distintivo. Una pellicola tuttavia da vedere: perché comunque il regista è uno dei maggiori autori polacchi contemporanei e perché l’argomento trattato stimola riflessioni. L’unico grande problema sembrano davvero essere la freddezza e il distacco che appaiono come caratteristica principale. E anche lo spettatore rimane come estraneo alle vicende che appaiono sullo schermo, senza riuscire ad avere un sobbalzo del cuore o un’emozione che tale si possa dire.

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