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Grazie Monsieur Malaussène

Nella libreria che occupa la parete più lunga della mia stanza, lo scaffale centrale, quello esattamente all’altezza degli occhi (o quanto meno dei miei che sono alta un metro e sessantaquattro), è quasi interamente occupato dai libri di Stefano Benni e da quelli di Daniel Pennac. Fra tutti spicca il cofanetto Monsieur Malaussène, Kowalsky editore, con libro e dvd. Quest’ultimo contiene le riprese, effettuate da RAITRE al teatro Gustavo Modena di Genova, dello spettacolo recitato da Claudio Bisio che, insieme a Giorgio Gallione, ha rielaborato il testo originale di Pennac dal titolo Signor Malaussène a teatro nel volume Ultime notizie dalla famiglia (Feltrinelli, 1997).
Quando ho scelto come distribuire i miei libri nei dodici scompartimenti che compongono la libreria ho trovato del tutto naturale posizionare Benni vicino a Pennac, senza nessun apparente motivo. Ho potuto constatare più tardi che la mia scelta era stata attenta, poiché probabilmente il primo italiano che lesse Pennac fu proprio Stefano Benni e fu proprio lui a preoccuparsi di presentarlo alla Feltrinelli dichiarando «Questo qui bisogna pubblicarlo!».

Così Feltrinelli fece tradurre e pubblicare tutta la saga della famiglia Malaussène, composta di cinque libri più il libretto teatrale sopracitato, nonché Signori bambini (1998), Ecco la storia (2003) e il saggio Come un romanzo (1993), che tratta dei diritti imprescrittibili del lettore (primo tra tutti il diritto di non leggere).
Certo si dovrebbe ringraziare questa grande casa editrice per l’enorme piacere che ci ha fatto dandoci la possibilità di incontrare Pennac anche nelle librerie italiane, ma una stravagante scelta editoriale ha fatto sì che i suoi primi lettori si siano un po’ indispettiti. Non si capisce infatti per quale strana logica i libri della saga famigliare non furono pubblicati in ordine cronologico: il terzo fu stampato prima del secondo, creando non poche confusioni e rovinando sorprese.

Dato a Cesare quel che è di Cesare, possiamo proseguire e capire come e quando Bisio e Pennac si incontrarono. Fu a Spoleto, durante il Festival dei Due Mondi, nel 1997, la sera della prova generale di Monsieur Malaussène.
Bisio era interdetto: Pennac non aveva voluto partecipare alla rielaborazione che era stata fatta della sua opera e oramai era troppo tardi per operare degli accorgimenti e per poter lavorare insieme. Temeva che all’autore il lavoro di rimescolamento, le aggiunte, gli spostamenti e i tagli che erano stati fatti non andassero bene e che si sentisse tradito.

Pennac del resto aveva già fatto, nel testo pubblicato in Ultime notizie dalla famiglia, un’enorme lavoro di sintesi e riorganizzazione: aveva estrapolato, dalle circa 2500 pagine che compongono la saga dei Malaussène, il monologo interiore del protagonista, Benjamin.
L’autore sostiene che questo non era stato per lui un lavoro faticoso, poiché si era reso conto, man mano che scriveva, che all’interno di quei libri era come già presente, in potenza, questo monologo. Tutti gli aneddoti, gli accidenti, la società, le vicende e i misteri, Belleville stessa, non erano altro che convenzioni del romanzo. L’essenziale erano i pensieri e i commenti sul mondo e sulle situazioni che Benjamin faceva con se stesso.
L’autore vedeva in mezzo alle migliaia di pagine scritte, chiarissimo, il filo d’orato d’Arianna che, trasversalmente, lo conduceva attraverso la vera essenza della sua opera.

Bisio e Gallione (il regista dello spettacolo) rielaborarono ulteriormente tale opera. Furono infatti reinserite delle vicende della famiglia Malaussène che permisero anche a chi non l’aveva conosciuta in precedenza di comprendere più profondamente la storia. Furono aggiunte le descrizioni della tribù, presentati alcuni personaggi fondamentali e inserite le storie più commoventi e poetiche. In verità non una parola “nuova” fu scritta, poiché tutto il lavoro venne effettuato attingendo dalle pagine della saga. Inoltre Gallione pensò a una scenografia dalla luce calda e avvolgente, che molto differiva da quella che era stata realizzata in Francia. Infatti, nella vecchia rappresentazione, l’attore si muoveva in una scatola nera, seduto su una panchina, avvolto da un’atmosfera di malinconia e di leggero pessimismo, mentre Bisio si muove all’interno di una camera per bambini, tra seggiole e giocattoli, e arricchisce lo spettacolo con la sua impulsività, il suo atteggiamento fiducioso, la sua grande capacità comica. [img4]
Pennac sentì parlare se stesso e la rappresentazione fu un successo.

Io purtroppo ho potuto vedere l’opera solo in dvd. In ogni caso mi sono rifatta andando a teatro a vedere Grazie, ultima opera di Pennac, anch’essa recitata da Bisio. Si tratta, ancora una volta, di un monologo: un artista viene premiato per “l’insieme della sua opera” e, sul palco, analizza e sconvolge le regole stesse del ringraziamento.
Bisio è esuberante e domina la scena, saltella, balla, intona canzoni, passa con grande scioltezza dal tragico al ridicolo portandosi appresso il pubblico. Anzi, proprio col pubblico instaura un rapporto quasi confidenziale che, in verità, sembra più adatto al cabaret che al teatro. Ma, in questo caso, la colpa (se colpa vogliamo ritenerla) non è certo sua: quando un attore è costretto a spiegare al pubblico che alle domande retoriche non c’è bisogno di dare risposta, è di certo arrivato il momento di adeguarsi all’inevitabile interazione.
È sua però la responsabilità del triste finale che ha scelto: una barzelletta (nel senso letterale del termine), che, invece che portare lo spettatore, estasiato dai 75 minuti di spettacolo, all’apice del suo orgasmo, lo smonta come un coitus interruptus.
Non preoccupatevi però: gli applausi non mancano, e sono tutti meritati.

Curiosità: Grazie è dedicato proprio a Stefano Benni.

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