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Le illusioni degli altri

Le illusioni degli altri

«Ogni mattina per guadagnarmi il pane io mi reco al mercato dove vendono le bugie e pieno di speranza mi metto anch’io in fila coi venditori»
«Che cos’è?»
«Hollywood. Una ballata scritta da un poeta molto amaro».

Questa non è una citazione tratta dal libro in questione, ma uno stralcio di dialogo da Il disprezzo di Godard. Ho voluto usarlo qui come incipit, perché contiene in sé tutti gli elementi che sostanziano l’ultima fatica dell’inglese David Ambrose, una raccolta di racconti che ci restituiscono con incredibile vivezza altrettante storie ambientate nel mondo dello spettacolo. Un bar affollato da sosia di vecchie glorie del cinema, dove Elvis Presley reclama in ogni modo la propria originalità; il personaggio di un serial che si ribella al suo sceneggiatore; due attori di film porno che si innamorano l’uno dell’altra. E poi ancora un produttore raggirato, stelle del cinema ossessionate dalla propria bellezza, e una struggente Marilyn Monroe in fuga dalla limousine presidenziale. Un carosello di figure di fantasia, ma dai tratti profondamente veri ed umani, personaggi quasi presi in trappola tra le “luci del varietà” e che il lettore vede aggirarsi come fantasmi tra un racconto e l’altro, mentre silenziosamente implorano di non essere dimenticati.

Belle ricostruzioni di ambienti e atmosfere, apparenza sì, ma affascinante apparenza. Hollywood: «…questo è un mondo finto. I denti, le tette, i capelli delle star sono finti. I set sono finti. Le storie sono finte. Il loro lieto fine è doppiamente finto. Perfino la musica è finta. Ma se vuoi avere successo in questo mondo, non puoi fingere di essere finto. Devi esserlo per davvero». Così la bugia finisce per gettar luce sulla verità, anzi su molte verità: Hollywood è un caleidoscopio, è un gioco, è una quantità infinita di colori in combinazioni diverse tra loro. Lo stile di Ambrose sta decisamente al passo con questa girandola, i tempi della sua scrittura sono precisi, senza sbavature, sono tempi drammaturgici. I dialoghi, più di ogni altro elemento, sono capaci di restituire il carattere di ogni personaggio, di dirci da dove proviene, che vita ha avuto e perché agisce in un certo modo. Le sue parole funzionano come in teatro funzionerebbe il corpo dell’attore, la cui fisicità contiene già tutte le informazioni necessarie. Tante piccole rivelazioni che da Hollywood vanno a colpire al centro le vite di tutti, perché si tratta, in fondo, di una grande metafora. E anche tanta, efficacissima ironia, quella di chi sa di essere, anche lui, un venditore di bugie, e sorride di se stesso: perché «le illusioni degli altri non sono un buon posto dove stare».

L’autore
David Ambrose è nato in Inghilterra e ha studiato legge a Oxford, dove ha anche recitato, scritto e diretto numerosi drammi teatrali. Abbandonata la carriera legale, ha intrapreso quella di scrittore e di sceneggiatore per il cinema. Altri titoli pubblicati da Meridiano Zero sono L’uomo che credeva di essere se stesso (1999), La madre di Dio (2001) e Superstizione (2004).

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