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Odissea nello spazio del già visto

Odissea nello spazio del già visto

Il debutto alla regia di Joss Whedon nasce dalla fortunata serie televisiva americana Firefly (inedita in Italia) ed è prodotta dagli ideatori della serie Buffy. I quindici episodi di Firefly sembra abbiano hanno ottenuto una grande attenzione da parte di critica e pubblico americano. Tanto che i diritti della serie sono stati acquistati da una major come la Universal, la quale ha accettato di mantenere il cast originale anche per la versione cinematografica. «Con Firefly ho voluto riportare sul piccolo schermo il genere di telefilm che mi è sempre piaciuto e che non vedevo da tanto tempo» spiega Whedon. «La storia ha dei risvolti profondamente umani, ma è raccontata con degli effetti speciali davvero straordinari, così realistici che gli spettatori hanno la sensazione di trovarsi nella navicella spaziale insieme ai protagonisti».

«Non ho mai pensato ad altri interpreti per quei nove personaggi», dichiara lo sceneggiatore e regista. «Quando la serie è stata chiusa, ho avuto l’impressione nettissima che non avessi finito di raccontare la mia storia. E come me, anche gli attori sentivano di avere ancora qualcosa da esprimere. L’idea del film è nata proprio da questa necessità». Ciò che le serie televisive di successo prodotte negli ultimi anni negli Usa ci hanno insegnato è che il confine tra film e telefilm, almeno a livello produttivo, si sta via via sbiadendo. Serie come Lost potrebbero meritare il grande schermo, certi film girati in digitale con un budget ridotto a volte non valgono nemmeno gli schermi da 1 pollice dei telefonini di nuova generazione. Serenity è la discendenza televisiva di una serie di successo che si rivela essere un prodotto di buon impatto anche per un pubblico cinematografico medio.

Come accade spesso per le trasposizioni da serial (ricordiamo il caso di Lost in space o i vari Star Trek, per rimanere nel campo della fantascienza) il film non offre nulla di nuovo “oltre il Sole”. Serenity utilizza i canoni di una fantascienza conosciuta e risaputa. I protagonisti sono dei ribelli dal cuore tenero che “devono” rubacchiare ai veri cattivi per sopravvivere, non a caso la nave Serenity ricorda molto il Millenium Falcon dei primi episodi di Star Wars, con tanto di personalizzazione della plancia di comando. La piccola River, telepatica e dai poteri misteriosi ben ricalca Tetsuo (id., Shynia Tsukamoto, 1989) e i bambini di Akira (id., Katsuhiro Ôtomo, 1987) , capaci di trasformare l’energia psichica in un arma portentosa. I cattivissimi cannibali generati dall’avidità dei veri cattivi sono la trasposizione fantascientifica degli Zombi di Romero, spinti da una rabbia incondizionata e da una fame atavica. Le astronavi in volo e lo spazio profondo portano alla mente la saga di Guerre Stellari di Lucas ma anche, e soprattutto, una vasta filmografia di serie B di cui va ricordato solo Supernova (id., Walter Hill, 2000), Space Truckers (id., Stuart Gordon, 1989) e Pitch Black (id., David Twohy, 2000). I volti sono gli stessi che hanno animato la serie TV, scelta che compromette la credibilità dei personaggi. Al servizio dello spettatore – soprattutto quello della MTV generation -, si appoggia a degli effetti speciali semplici ma efficaci, soprattutto nelle scene di combattimento spaziale. Serenity è un film medio ma onesto, falsamente rivoluzionario ma allineato con il politically-uncorrect.

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