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cultura dell'immagine e della parola

Stop the pigeons…stop the pigeons! Sigh…che bei ricordi!

Stop the pigeons…stop the pigeons! Sigh…che bei ricordi!

Non ci siamo; ho provato a guardare Valiant con gli occhi di quello che è il pubblico a cui è indirizzato, ma nemmeno una regressione allo stato di seienne è stata sufficiente per farmi apprezzare questo film. Prodotto in pompa magna con i fondi del Uk Film Council (cavoli!), frutto di oltre due anni di lavoro, il risultato appare veramente modesto nei confronti dei concorrenti di oltremare. In una prospettiva “No-global” dovrei difendere il povero Valiant contro le corazzate Dreamworks e Disney / Pixar ma il film appare quanto mai indifendibile per una miriade di motivi.
Il character design è approssimativo, i piccioni della compagnia sono modellati in modo francamente poco appassionante e le caratterizzazioni psicologiche sono tagliate con l’accetta. Valiant è l’ennesimo piccolo / pulcino che non-ce-la-fa-più-a-sentirsi-piccolo che immancabilmente farà fare la figura dei fessi ai cattivoni di turno (il tutto alla ricerca dell’immedesimazione del piccolo spettatore nel piccolo piccione); poi c’è il piccione di Trafalgar Square, quello sporco, sciatto con tanto di mosche che gli ronzano intorno fa la parte del codardo che in trenta secondi diventa l’eroe; ci sono i due fratelli che litigano per ogni cosa; c’è il piccione di nobili origini ma dai modi di fare impacciati e risibili. I falchi cattivi sono evidentemente decerebrati quanto potevano esserlo i nazisti tedeschi, ma con ciò si attua una pericolosa semplificazione.

La sceneggiatura è poco brillante e quanto meno rischia di cadere in una eccessiva cartoonizzazione della guerra. Forse starò diventando prosaico come un vecchio reduce pedante, ma credo che non sia una buona cosa semplificare in questo modo un tema come la seconda guerra mondiale, dando a un piccione di nome Valiant la responsabilità dello sbarco in Normandia. I bambini non sono stupidi, o per lo meno non devono essere trattati per tali. Ridurre i tedeschi a tre falchi beoti che nonostante una cattiveria innata non hanno alcuna possibilità di portare a termine i loro piani e attuare un processo di banalizzazione della storia, quella con la S maiuscola, potrebbe essere potenzialmente pericoloso. Sono perfettamente d’accordo con chi potrebbe obiettare che il compito di insegnare la storia è della scuola, ma la vicinanza con un bambino ci insegna che la forza persuasiva della televisione (o del cinema) è decisamente più forte (prendete un bambino di sei anni, portatelo allo zoo e chiedetegli se vuole vedere la gabbia dei Pokémon per credere).

In ultimo Valiant soffre di notevoli carenze tecniche. Il cinema di animazione 3D è il ramo della cinematografia che sta vivendo i progressi tecnologici più evidenti e che a partire dai primi esperimenti negli anni ottanta ha vissuto un’evoluzione incredibilmente rapida, se confrontata con quella che il cinema live ha avuto in oltre cento anni di storia. Valiant oggi appare tecnicamente vecchio, con scenari fatti di solidi virtuali coperti da texture renderizzate in modo elementare. Non si tratta di una scelta stilistica, ma di una necessità dovuta alla riduzione dei costi e a limitazioni tecnologiche. La qualità dell’immagine è forse inferiore a quella di Z la formica (Antz, Eric Darnell e Tim Johnson, 1998) prodotto dalla Dreamworks, ma la formica psicotica si è presentata al mondo ben sette anni fa!

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