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cultura dell'immagine e della parola

Immagini di parole

Immagini di parole

Immagine o immaginazione?
L’immaginario visivo di un racconto tanto eccezionale come Città di vetro fa parte dell’intimità di ciascun lettore, che può ricreare nella sua mente le figure che si stanno agitando sulle pagine del libro. Rendere oggettiva questa fantasia potrebbe essere rischioso per alcuni lettori che considerano intoccabili le parole dello scrittore.

Una trasposizione “naturale”
In questo caso, però, i tratti in bianco e nero, da romanzo noir, sembrano generati naturalmente dalle parole di Paul Auster: la mano sembrerebbe la stessa e, anche se il mezzo è differente, si ha la certezza che dietro l’inchiostro nero, sotto ogni rettangolo d’immagine, ci siano ancora le parole scritte.
Ogni tratto è espressivo del carattere di ciascun personaggio, ogni parola detta viene descritta e sottolineata da diverse tecniche descrittive: bellissima la nuvola di parole di Stilmann figlio che entra direttamente nella sua bocca, come nei fumetti più antichi, che rende visivamente il mondo di parole sconnesse nel quale il giovane è ingabbiato.

La complessità del racconto scritto riesce a essere trasmessa in tutto e per tutto grazie alla semplicità delle linee e alla cura per le ombre.La personalità stessa della scrittura di Auster è resa visiva attraverso molteplici cambiamenti nello stile del disegno, che danno l’accento e il carattere a un’immagine, collocandola, di volta in volta, nel mondo mentale di Quinn, o in quello allucinato di Stilmann padre, o nel regno ossessivo delle parole scritte nel taccuino rosso.

Immagini, parole, significato…
Uno stile silenzioso e rigoroso, interno come interna è la storia narrata: disegni che provengono direttamente dal cervello di Daniel Quinn, che formano immagini stralunate, che trasformano un oggetto in un altro, senza soluzione di continuità, come in un sogno. E sono proprio il sonno e il sogno ad essere i luoghi bianchi e indefiniti dove Quinn si muove: le immagini fredde e statiche, inquietanti perché troppo immobili, lentamente si sciolgono, man mano che la mente del protagonista si confonde. E allora si confondono anche i bianchi e i neri, le linee che accolgono l’immagine da diritte si fanno precarie e irregolari, il senso si perde e ogni disegno diventa una casella che precipita nella pagina nera. Troppo il significato, troppa la densità delle parole che hanno riempito d’inchiostro i fogli.

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