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Serie A: il Bonolis che non diverte

Messo di fronte a un paio d’occhi veramente azzurri (e quando dico “veramente azzurri” vi assicuro che non sto scherzando), il sedicente critico televisivo ha l’obbligo di dare il meglio di sé.
Io, ad esempio, dopo aver casualmente iniziato a chiacchierare con una ragazza incantevole tra i banchi di un’università, mi sono lanciato in una dotta dissertazione sulla pessima riuscita dell’erede di Novantesimo minuto, quel Serie A (Canale 5, domenica ore 18.00) che le alte sfere di Mediaset hanno affidato allo strapagato fenomeno Bonolis.
Forse avrei potuto scegliere un tema più raffinato, magari le casalinghe disperate, ma quello è un argomento che ho deciso di tenere in caldo per l’immediato futuro: Serie A mi consentiva di mettere in mostra una base culturale più ampia, comprensiva di suggestioni circensi e corollari presi dalla storia della comicità. Insomma, tutto quello che abbiamo sempre sognato di sfoggiare di fronte a due occhi veramente azzurri.
Il risultato della mia prosopopea non è stato disprezzabile, quindi ve lo riporto in versione integrale.

Dunque, perché Serie A è un prodotto televisivo scadente e raffazzonato?
Perché chi si occupa di progettare i programmi per le emittenti nazionali a volte ragiona nel modo più semplice possibile, tralasciando l’attenta analisi delle risorse di cui dispone. E quindi abbina automaticamente al programma nazional-popolare per eccellenza (quello dedicato al calcio), il presentatore più nazional-popolare tra quelli che ha in catalogo (Bonolis, appunto). Scelta che può anche pagare in termini di audience – infatti Serie A ha sfiorato punte del 33% di share – ma non soddisfa chi guarda la Tv con occhio critico. E visto che ogni settimana il direttore di Hideout afferra i lobi delle mie orecchie con pinze roventi e mi ricorda che: «Noi ci battiamo in nome della qualità»; io mi sento autorizzato a muovere qualche appunto.
Come ci ricorda Fellini, i clown possono essere di due tipi: il Bianco, cioè quello elegante e raffinato, lucido e intelligente, e l’Augusto, quello tonto e sbracato. In tutte le coppie comiche più celebri (da Stanlio e Ollio a Franco e Ciccio, fino ad Ale e Franz), la comicità sgorga dal conflitto tra questi due archetipi.
Paolo Bonolis deve la sua celebrità alla sua comprovata capacità di presentarsi con un’identità forte da clown Bianco, utilizzando come Augusto chiunque gli capiti a tiro: a volte una “spalla” (Luca Laurenti) ma più spesso il suo stesso pubblico. Basti pensare allo storico Tira & Molla (Canale5, dal 1° ottobre 1996), in cui i poveri spettatori in studio, tipicamente anziani con palesi difficoltà lessicali, erano costretti tra frizzi e lazzi a cimentarsi con la complessa produzione della frase “Elvis the Pelvis in the Memphis”. Ne è sempre derivata una comicità ruspante e di successo, per quanto io non sia mai riuscito ad apprezzare forme di intrattenimento che mi ricordano la danza degli avvoltoi intorno alle carcasse. Insomma, un conto è prendersela con un Augusto professionista, un altro è dare addosso a dei dilettanti inermi.

In Serie A, Bonolis è fuori contesto. Circondato da seri giornalisti sportivi perde la bussola, trovandosi privo della vittima di turno dalla quale estrarre stille di umorismo. Si affanna, suda, gioca le sue carte da fine dicitore ma non centra l’obbiettivo. A volte si fa perfino scappare degli spunti interessanti senza sfruttarli a dovere (domenica c’era Franco Ligas che insisteva per cantare un’aria lirica, ma il confuso Bonolis ci ha negato questo trastullo). E quando arriva la Gialappa’s, che si fa beffe di lui, allora sì che il capace conduttore va veramente in crisi, costretto in un ruolo non suo. Questo spiega la scarsa riuscita del programma, che in realtà poteva essere evitata.
Se noi studenti/studiosi di comunicazione venissimo consultati quando c’è da mettere in palinsesto un nuovo format, invece che essere lasciati allo stato brado a importunare ragazze con gli occhi azzurri nelle aule universitarie, vi assicuro che queste cose non succederebbero.
E per fortuna che l’Inter settimana scorsa ha pensato bene di farsi appioppare tre mazzate dal Palermo, altrimenti anche l’ultimo degli argomenti comici a favore di Bonolis sarebbe caduto. Il suo essere tifoso nerazzurro è infatti l’unica caratteristica che sembra legittimarlo a condurre in chiave umoristica un programma sul calcio. Mettiamo che per qualche inspiegabile ragione la squadra di Moratti cominciasse a dominare il campionato: credo che la simpatia del presentatore (così come quella di tutti gli interisti) subirebbe una drammatica flessione.

E con questo chiudo, limitandomi a lanciare un paio di suggestioni che se prese in considerazione potrebbero anche dare una sterzata alla programmazione Mediaset.
Punto primo: visto che è da escludere l’assunzione di nuovi conduttori, tentiamo almeno lo scambio Bonolis – Costanzo. Bonolis potrebbe andare a buona domenica, dove di Augusti ce ne sono in abbondanza, mentre Costanzo, [img4]che ama azzannare le prede prima che esalino l’ultimo respiro, potrebbe anche avere un senso alla guida di Serie A (e sicuramente renderebbe i siparietti della Gialappa’s più pepati).
Punto secondo: diamo lo spazio che merita a Monica Van Halen, l’ultima vera rockstar della Tv italiana. È una giornalista in gamba e competente; se non ci fosse Bonolis a eclissarla credo avrebbe anche una spiccata personalità. E i completi che la sartoria Mediaset le fa indossare, oltre a esaltare il suo fisico, sembrano fatti apposta per esaltare ogni irsuto calciofilo della domenica.
Certo, non può sfoggiare occhi veramente azzurri, ma la perfezione non è di questo mondo.

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