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Speriamo che sia l’ultima

Speriamo che sia l’ultima

Il solito brav’uomo padre di famiglia, affetto da un’inguaribile sindrome da giocatore compulsivo, precipita in un vortice autodistruttivo di debiti e menzogne, rovina la propria vita familiare/lavorativa e finisce preda del solito strozzino. Pare che questo orrendo dramma esistenziale sia basato su una storia vera, scritta e interpretata da Patrick Cupo e prodotta da Ang Lee, che annovera nel cast un attore come Chazz Palminteri: e qui il cerchio si chiude. Eh, sì, perché c’è un’altra vicenda da raccontare in proposito, oltre a quella narrata nel film, ed è sicuramente più interessante.

Primo anno alla N.Y. University Film School: un giovane regista sconosciuto (Ang Lee) incontra un giovane attore sconosciuto (Patrick Cupo), e lo sceglie come protagonista di un suo film. Tempo dopo i due scrivono la sceneggiatura di Final Line, film d’esordio e di lancio per Chazz Palminteri, cugino di Cupo. Infine, nell’anno 2003 di nostra vita, Cupo scrive questo One last ride, e per realizzarlo riunisce amici e parenti, che non gli rifiutano il favore. Alla direzione del film è chiamato Tony Vitale, regista semisconosciuto di film quali Very Mean Man (2000) e Kiss me, Guido (1997).
Cosa c’e’ di male in questa vicenda pregressa al film? Nulla, è solo un tentativo di rispondere alla domanda «Perche’ un regista come Ang Lee (La tigre e il dragoneWo hu cang long, 2000) e un attore di tutto rispetto come Palminteri (I soliti sospettiThe Usual Suspects, Bryan Singer, 1995) si sono prestati alla realizzazione di una pellicola così misera, così triste, così inutile?». La trama è scontata, e va bene, ma numerosi altri elementi del film si contendono il primato del ridicolo. Il padre del protagonista – interpretato da Robert Davi, ex cattivo dei Goonies (The Goonies, Richard Donner, 1985) – compare qua e là al figlio sotto forma di amletica visione, dispensando perle di saggezza («Mai coinvolgere la famiglia») e lasciando intuire la presenza di un misterioso (e tale resta) sistema di gioco. Si affacciano poi, nello sviluppo, improbabili parentesi da gangster-movie, che vedono protagonista Chazz Palminteri versione strozzino, con tanto di benda nera sull’occhio.

Tra furti, sparatorie e luoghi comuni sulla malattia del gioco (Febbre da cavallo?) il film si trascina piatto e coerente nella sua banalità verso il finale: indovinate? Per amore della moglie e del bambino che sta per nascere, il protagonista si ribella allo strozzino e, in ospedale, matura la decisione di smetterla con le corse, per riconquistare la stima e l’affetto della sua famiglia. E uscirono dal cinema felici e contenti…? In una pellicola così è davvero difficile trovare delle note positive: si spera sempre che per film simili sia davvero l’ultima corsa.

Curiosità
La colonna sonora originale è scritta da Josh Abrahams (autore già di quella di Moulin Rouge – id., Baz Luhrmann, 2001) e interpretata da Harmonic.

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