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Ragazzi di (mala)vita

Ragazzi di (mala)vita

A metà degli anni 70, un gruppo di criminali comandati dal “Libanese” Giancarlo  De Cataldodecise di reinvestire gran parte del ricavato di un sequestro per creare un’associazione a delinquere fondata sul traffico di droga, la prostituzione e il gioco d’azzardo. Estendendo così il proprio dominio su tutta Roma.

Difficile non avere una sorta di cupa e trasversale condivisione esistenziale, non certo indiscriminata ma facile da intuire, per i membri di questa organizzazione. Pronti a muoversi all’esterno degli schemi burocraticizzati della nostra penisola, battendosi a riscatto di un’esistenza marginale. “Il Dandi”, “Fierolocchio”, “il Sorcio”, personaggi – questi come la miriade di altri che ruota attorno alla narrazione di De Cataldo – celati dietro i loro soprannomi, che non possono di certo negare la loro reale esistenza di gente povera. Banditi da quattro soldi, vittime di se stesse, che paiono uscite dalla fantasia del Pasolini delle baraccopoli ai margini della società proletaria e borghese. Presi singolarmente, nessuno di questi avrebbe potuto rappresentare una seria minaccia. Riuniti e comandati a dovere avrebbero rappresentato, per un quarto di secolo, la malavita organizzata, di estrema destra, che estese la propria ombra cupa sugli avvenimenti più nefasti della nostra penisola.

De Cataldo, diviso fra il lavoro di giudice e quello di scrittore, narra con fare gergale, senza abbandonarsi a un qualunque giudizio, le gesta della banda della Magliana e di coloro che si sono succeduti al suo comando. Il risultato finale è una cronaca tesa e asciutta, che dà fondo alle conoscenze legali e di Storia contemporanea dell’autore. Un autore capace di riaprire vecchie ferite cambiando i nomi delle vittime, senza mai abbandonarsi alla mera realtà dei fatti. La banda viene descritta alla stregua di una holding del crimine, in un percorso che per molti versi e con le debite proporzioni ricorda il romanzo di Armitage Trail Scarface, divenuto successivamente celebre grazie alla trasposizione cinematografica di Howard Hawks. Solamente giunto all’epilogo De Cataldo, descrivendo le attuali occupazioni dei protagonisti, strizza sensibilmente l’occhio a una trasposizione cinematografica del suo romanzo. La narrazione, a parte questa piccola pecca, procede cronologicamente spedita, esaminata da una duplice prospettiva: da un lato la Giustizia, rappresentata dalla figura del commissario Scialoja, il primo capace di subodorare la presenza di una nuova organizzazione criminale e ossessionato dall’idea di sgominarla. Dall’altra i membri di una pagina scomoda, recente e mai dimenticata, della nostra storia.

Giancarlo De Cataldo. Nato nel 1956 a Taranto, vive a Roma con la moglie e due figli. Giudice prima di sorveglianza poi di tribunale, è attualmente giudice presso la Corte d’Assise di Roma. Ha scritto romanzi, racconti, sceneggiature, saggi e testi teatrali. Tra i titoli più recenti: Onora il padre (Mondadori, 2001) e I giorni dell’ira (Feltrinelli, 1998).

Nota: Il primo romanzo di De Cataldo: Nero come il cuore (Mondadori, 1989), ha avuto una trasposizione cinematografica, dal medesimo titolo, per la regia di Maurizio Ponzi. Attualmente Michele Placido sta lavorando alla versione filmica di Romanzo Criminale.

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