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cultura dell'immagine e della parola

Ascesa agli Inferi

Ascesa agli Inferi

Paradiso, Purgatorio, Inferno. La traiettoria del treno di Tickets è da Nord a Sud, dall’alto verso il basso, dall’etereo al triviale. Sotto la struttura triadica, la direzione è unitaria e dispone personaggi, temi e linguaggi secondo un movimento preciso.
L’incipit olmiano è altissimo, cinema nella sua essenza linguistica, montaggio che sospende il tempo passato e presente appoggiandosi ai dettagli. Le parole sono rarefatte (ma non abbastanza, e stupisce come Olmi, maestro dell’eloquenza delle immagini, risulti talvolta perfino didascalico), i sentimenti galleggiano in un limbo di indecisione, incerti se solidificarsi o sparire. La levità è la dominante di questa prima storia. Non ci sono colpe da espiare, semmai si viene messi in guardia dall’eccessiva trascendenza di un amore per una donna angelo, quando la concretezza dei problemi degli altri reclama con forza di essere presa in considerazione.

Se in un primo momento non è chiaro quale sia il delitto di Filippo, certo il castigo è evidente. Ma anche la signora bisbetica sarà domata, in un passaggio di testimone segnato dalla regola del contrappasso: Filippo ha lasciato la famiglia e si trova ad accudire un’insopportabile madre-padrona, la signora pagherà con la solitudine la pretesa di essere circondata dalle cure altrui. Terra di mezzo per la mescolanza di due registri opposti, silenzi e aggressioni verbali, ricordi accantonati e richieste invadenti, nell’episodio di Kiarostami è ibrido perfino lo spazio occupato dai due protagonisti: una prima classe usurpata, uno scompartimento occupato ma al momento vuoto, quasi una terra di nessuno.

Prima classe, prima classe usurpata, seconda classe. Nell’Inferno di Loach si porta a compimento la riflessione sociale iniziata da Olmi e lasciata in sospeso da Kiarostami. La parola prende definitivamente il sopravvento, non più aulica ma triviale; il conflitto dimentica la volatilità dei ricordi per ancorarsi al qui e ora del quotidiano. Sotto i toni da farsa si cela il dramma di un furto dettato dalla povertà. L’atmosfera olmiana è ormai completamente rovesciata, e se il professore era chiamato e tornare con i piedi per terra compiendo un piccolo gesto, qui gli sboccati ragazzi scozzesi hanno la possibilità di elevarsi con gesta epiche. Per Ken Loach gli ultimi sono sempre i primi.
E vista la riuscita del suo contributo, non sembra inappropriato applicare questa morale all’intero film.

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