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cultura dell'immagine e della parola

Appesi a un filo

Appesi a un filo

Forse non tutti sanno che il cinema di montagna può essere considerato un vero e proprio genere cinematografico con tanto di Festival tematici (Trento, alla 52ma edizione), studiosi e appassionati, oltre che una pubblicazione recentissima che cataloga oltre 4000 titoli edita dalla UTET. Quando un film così “di nicchia” supera gli standard cinematografici del genere, allora viene assunto dalla catena di distribuzione classica e il titolo riesce a raggiungere il pubblico anche al di fuori delle rassegne tematiche. La morte sospesa è un ottimo esempio di come la ricostruzione di fiction documentaristica di una spedizione alpinistica possa risultare narrativamente ed emotivamente più appassionante di molti titoli d’azione che fanno della montagna solo una scenografia (uno per tutti Cliffhanger – id., Renny Harlin, 1993 – con Sly Stallone).

Le interviste a Simon e Joe, i due alpinisti sopravvissuti alla spedizione sul Siula Grande, sono intervallate dalla spettacolare ricostruzione finzionale di quel tragico evento. Durante la spedizione una tormenta complica enormente il cammino dei due amici. Joe scivola precipitando da uno strapiombo, restando appeso nel vuoto, attaccato alla corda di sicurezza che Simon tiene con tutte le forze. Simon si rende conto che non c’è più speranza per Joe e decide di tagliare la corda per cercare di salvare almeno la sua vita. Sebbene Simon arrivi al campo base convinto della morte del compagno, Joe non è morto… La sua scelta è stata duramente criticata dalla comunità alpinistica, che la considera una grave violazione del proprio codice etico. Il libro che ha ispirato questo film è stato scritto da Joe per scagionare Simon dalle accuse di codardia e per raccontare finalmente la verità sulla spedizione.

La scelta estetica del film è quindi quella di dichiarare fin dalle prime immagini che i due protagonisti sono sopravvissuti alla spedizione. Non c’è alcuna intenzione di spettacolarizzare ulteriormente una vicenda che possiede di suo molte caratteristiche incredibili. Il racconto avviene in modo finzionale nella simulazione di un “essere” sulla scena nel momento in cui i fatti sono realmente accaduti, ma senza voler ingannare l’occhio dello spettatore riguardo alla natura di ricostruzione delle immagini del film.

La morte sospesa ha raccolto consensi e premi in giro per il mondo ma in particolare il Gran Premio Genziana d’Oro al 52° Film Festival Internazionale di Trento. Una curiosità, sebbene nel film si sottolinei che la spedizione ha subìto molti disagi a causa delle particolari condizioni della neve delle Ande, molte delle scene più spettacolari sono state girate in 22 giorni sulle Alpi.

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