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Un matrimonio molto singolare

Un matrimonio molto singolare

Chicago: Toula, nubile figlia trentenne di una famiglia greca di ristoratori, è profondamente infelice. Un giorno, però, incontra Ian Miller, statunitense doc, di professione insegnante e fra loro è amore a prima vista. . Ma la madre di lei, Maria, e ancor più il padre Gus esigono dalla figlia nozze tassativamente greche. La madre poi si convincerà, il padre oppone una strenua resistenza… Ma alla fine sarà festa per tutti
Commedia furba, a volte spiritosa, non priva di ritmo, giocata unicamente sugli equivoci linguistici, sulle differenze tra greco e americano, e sulla scommessa di una affiatata compagnia di attori, pressoché sconosciuti, regista compreso. Qualche trovata riuscita (divertente, ad esempio, la sequenza del ricevimento dei genitori di lui a casa della famiglia di lei: i futuri consuoceri si trovano “obbligati” a bere una serie di superalcolici greci, dalla gradazione a dir poco insostenibile).
Ma il bersaglio grosso è fallito: la formula dei fraintendimenti è sempre la stessa e il film procede per accumulazione e non per un evolversi degli avvenimenti. Anche se la struttura non è proprio quella stucchevole delle solite americanate, a lungo andare il film mostra la corda, insinuando il dubbio che ci si trovi di fronte a un telefilm formato Robinson, tanto per intenderci.
Se questa deve essere davvero “la commedia romantica che ha incassato di più nella storia del cinema USA”, come recita la locandina, “più di Pretty Woman, più di Notting Hill, più di Bridget Jones”, essa è la prova tangibile di un progressivo deterioramento della cervice umana, o meglio, soprattutto (e c’è da augurarselo) solo di quella americana, in materia di gusto cinefilo.
Ma Zwick ha almeno un merito (dettato forse più da ingerenze commerciali che da una correttezza di regia): a differenza di molte commedie nostrane non si lascia trasportare dall’onda della volgarità e della comicità più becera.

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