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cultura dell'immagine e della parola

Truman all’inverso

Truman all’inverso

Sano e virtuale ***
di Lucio Basadonne

– Le icone, le celebrità, sono un invenzione: nessuno saprà veramente chi è Julia Roberts.-
Andrew Niccol

Attenzione ragazzi, siamo arrivati a un punto in cui un branco di pubblicitari si può inventare un personaggio di sana pianta, chessò, pubblicando su Top Girl un intervista a un tale Jonathan Dick e dire che ha spopolato in America, che è il sex simbol del Galles e che ha girato un film in cui fa vedere il culo ed ecco che tutti andrebbero di testa per conoscerlo senza averlo manco mai visto.
Guardatevi intorno: ci sono brufolosi sedicenni che si toccano pensando a Lara Croft, impiegate o cose simili pronte ad andare a farsi ficcare aghi nei piedi perché George Clooney ama la medicina orientale.
Ma cosa fa, signor Jackson, la mattina quando si sveglia?
Ama la cartigenica ruvida, signor Eminem?

Non è quindi poi così lontana l’ipotesi di Andrew Niccol in cui un regista mezzo-fallito (un grandissimo Al Pacino) riceve in regalo un software per creare una donna virtuale bellissima e sensuale: di colpo i suoi filmacci da cineclub polacco diventano successi commerciali, tutti a vedere la nuova stella del cinema S1m0ne, tutti che vogliono conoscerla, ficcarsi nella sua vita privata e sapere con chi l’ha fatto per la prima volta, che yogurt mangia: peccato che non si può. E a questo punto il suo creatore si spaventa: ha creato un mostro mediatico ed è impossibile fermarlo. A meno che non la si usi per altri scopi…
Raccontarvi il film è deleterio, sparerei in faccia a chi lo fa.
Avverto solo gli intellettuali da cineclub che non è cerebrale e mattoneggiante ma didascalico per masse. Tende a spiegarci ogni cosa, è farcito con un subplot “rosa” in cui Al Pacino cerca di rimettere in piedi la sua famiglia con la complicità di S1m0ne ma la sceneggiatura tiene tutto a bada e il film non scivola mai nel melodramma buonista; anzi ci sono momenti spassosissimi (il film nel film “I am a pig”) e passaggi inquietanti tutti di Al Pacino che, in crisi di onnipotenza, programma la sua eroina muovendosi e parlando in un hangar semivuoto mentre S1mone lo imita patinata dai maxischermi a cristalli liquidi.
Carne al fuoco ce n’è finchè volete: il controllo dei media, l’importanza dell’estetica, la divisione fra l’attitudine a creare e quella a subire. Insomma, a parte qualche didascalismo di troppo il film si muove leggero e divertito gettando qua e là, fra riuscite gag e risvolti da commedia, avvertimenti sul degenero della comunicazione di massa.
Di cui S1m0ne, volente o nolente, fa parte alla grande.

Truman all’inverso, ma poco riuscito **
di Alberto Brumana

L’attesa per il nuovo film di Andrei Niccol era molta. Ci sono voluti infatti cinque anni al regista neozelandese per realizzare il secondo film, dopo il bellissimo “Gattaca”, uno dei pochi gioielli della fantascienza degli anni ’90. Nel mezzo, nel 1998 Niccol ha scritto la sceneggiatura di “Truman Show”. E “S1m0ne” riparte proprio da Truman, ribaltandone il significato. Se il personaggio interpretato da Jim Carrey era l’unico reale in un mondo “virtuale”, la protagonista di questa nuova pellicola è l’unico personaggio virtuale in un mondo reale. “Se c’è una cosa che mi piace nei miei film è che non ci sono effetti speciali” le fa dire Taransky, che di lei è non solo il regista, ma anche l’anima. Perché S1m0ne non esiste, è solo l’acronimo di Simulation One, un programma ideato da Hank, uno scienziato innamorato dei film di Taransky. Ma se S1m0ne aveva fatto diventare cieco un occhio di Hank per le radiazioni ricevute dallo schermo del computer, con Taransky è ancora più sadica, perché ne acceca completamente la mente. Travolto dal successo ottenuto con la nuova stella, il regista non riesce più a trattenersi, fa altri film con lei, la rende una pop star e finisce per dimenticarsi di se stesso (emblematica la scena in cui la star “non si ricorda” di ringraziare il regista nella notte degli Oscar).
Niccol utilizza diversi registri per realizzare questo film, ma non sempre questi si incastrano alla perfezione. Quando tenta di essere ironico nei confronti del cinema hollywoodiano, non si sposta dai cliché tipici del genere, con la solita divetta tutta vizi che farebbe qualsiasi cosa per il successo. Quando passa alla commedia romantica rimane solo sulla superficie dei personaggi. Quando descrive il dramma del protagonista davanti alla sua opera insiste troppo sui monologhi che finiscono per risultare quasi comici. E quando infine inserisce qualche riferimento alla virtualità di S1m0ne nel mondo reale lo fa in modo troppo esplicito, come quando lei canta “You make me feel like a natural women” di Carol King.
Partito insomma da una buona idea di base, S1m0ne si sviluppa in maniera disomogenea e finisce per deludere, per non decollare mai da una rampa di lancio su cui comunque era salito. Di veramente positivo rimangono solo le interpretazioni di Al Pacino e di Winona Ryder, cui basta sbatacchiare gli splendidi occhi per far dimenticare le recenti disavventure giudiziarie.

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