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cultura dell'immagine e della parola

Repulsione ‘65

Repulsione ‘65

Primo piano di un occhio, unghie da limare, una donna in un istituto di bellezza.
Inizia così, il bianco e nero dentro l’occhio dello spettatore.
Inizia così, la giornata nella grigia vita della protagonista (Deneuve); bionda e timida ragazza belga, che vive con la sorella, opposta a lei, mora, determinata, amante di un uomo sposato.
La giovane fa due incontri iniziali, prima con un muratore che le fa apprezzamenti scurrili, e poi un giovane, dal quale accetta un invito a cena. Sembra una giovane estetista apprezzata, dallo sguardo glaciale, forse un po’ insicura, impaurita.
Ma quando torna a casa, si notano i suoi accenti paranoici, poi sempre più fobici, finché la sorella la lascia una settimana sola in casa, portandola così ad una crisi mentale.

Polanski firma un thriller psicologico, dove le paure della protagonista prendono il sopravvento, in un climax che gioca sul binomio fragilità-mostro, trasformando la fobia e l’insicurezza in MURDERER e il mondo in MURDERED.
Le pulsioni sessuali, la catastrofe mentale della donna vengono percepiti nel disordine di uno spazio chiuso, negli oggetti posizionati nell’appartamento, nella decadenza di immagini che puntano verso l’orrore fisico (un coniglio spelato) e l’orrore mentale (le crepe, le continue violenze sessuali).
Come attraverso l’orologio impazzito di Beckett, Polanski mette in luce una dissociazione psichica attraverso oggetti di uso quotidiano in chiave orrifica:
- lo spazzolino ha due scorciatoie: quello dell’amante della sorella la rende nervosa e denota un senso di invasione dello spazio familiare, e quello che usa lei per pulirsi dal bacio del suo spasimante.
- le crepe sulla parete che si allargano sempre di più, affascinandola all’inizio, poi distrurbandola fortemente, accennano ad una strana simbologia: crepe come invito/paura della penetrazione?
- le campane del convento che suonano sempre come una sorta di fede, di confessione cristiana e di “pulizia sonora” (esplodono durante i rapporti sessuali della sorella e durante la violenza sessuale).

Polanski racconta la repulsione per le cose, per il sesso, per la paura della solitudine, per il cibo.
La morte che avviene sembra per inedia in una casa dove il mangiare rappresenta un simbolo vivente, che cresce continuamente con lei, con il suo pensiero sempre più malsano: delle patate sul tavolo che piantano radici, al coniglio spelato che diventa pasto per le mosche e gira per la casa con il suo odore di decomposizione, di marcio inesplorato.
La repulsione per la gente: l’uomo diventa un oggetto che disturba con il suo corpo e con il calore che emana, e diventa elemento di lacerazione dell’integrità della donna:
-il padrone della casa si avvicina a lei e lei lo accoltella
-lo spasimante cerca di entrare nel suo “spazio” e questa curiosità lo annulla
-le mani che la toccano ed escono dalle crepe sono il simbolo di chi l’ ha voluta toccare, i corpi che la desiderano e la bramano.

È il film che consacra il proprio bisogno di comprendere quella linea sottile tra l’IMMAGINATO e il POSSIBILE.
Repulsione per l’allucinazione che cade in ognuno di noi e si mescola con il reale. Ma mai abbiamo provato la paura che l’immaginazione può dare se sorpassa la realtà.
È questa la paura che ci porta il bianco e nero di questo film.
La repulsione dell’immaginario dell’allucinazione.

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