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I Duellanti

Attraverso i secoli si è plasmato ed evoluto il ruolo della cosiddetta sfida in singolar tenzone. Da una rudimentale natura primitiva e brutale, si addolcisce e si trasforma in una dimostrazione di destrezza e valore dei contendenti, fino all’essere visto come un mezzo lecito per farsi giustizia.
La sensazione forte che traspare sia dal racconto di Conrad che dalla trasposizione cinematografica di Ridley Scott è proprio quella di dare al concetto di onore un qualcosa di profondo e glorioso che va al di là dell’importanza della vita stessa.
Armand D’Hubert e Feraud sono dapprima due tenenti degli ussari, D’Hubert rigido, orgoglioso, di temperamento forte, abile stratega ma posato ed elegante, Feraud, vigoroso, istintivo ed aggressivo, amante della lotta e del furore, incrociano le loro strade nella Strasburgo di inizio Ottocento.
La loro interminabile disputa avrà inizio per futili ragioni, ma andrà avanti nel tempo per l’onore di entrambi.
Nei vari scontri entrambi riporteranno ferite gravi nel fisico e nell’orgoglio, e il mito ed il mistero della loro contesa era ormai sulla bocca di tutto l’esercito.
Finirono anche per ritrovarsi, entrambi generali nel battaglione sacro napoleonico, composto solo da ufficiali, a combattere fianco a fianco, ma senza mai spegnere la sete di sangue di Feraud nei suoi confronti.
Sia nel racconto che nel film si cattura la naturale ferocia di Feraud, ottimamente interpretato da Harvey Keitel che trasuda il suo carisma ed il suo spirito battagliero dal quale poi Ferrara trarrà tutto il suo valore; il suo profondo orgoglio, il suo odio spinto verso “il cocco dei generali”, verso colui che “odia l’Imperatore”, e la calma serafica e la rassegnazione di D’Hubert nel continuare un infinito duello dal quale vorrebbe, ma non può sottrarsi.
Il racconto riesce a delineare molto meglio le figure dei due contendenti, d’altronde non è facile poter rappresentare i pensieri, i sentimenti, le paure e la rabbia che invece vengono inculcati con le parole nel lettore, ma Scott riesce, senza abusare della voce fuori campo, con trovate che vanno anche oltre lo scritto di Conrad introducendo personaggi come la donna che accompagna D’Hubert, a conferire questi stati d’animo e ad approfondire con i fatti le personalità di entrambi.
Il finale è diverso; Scott punta nell’ampliare la grandezza di D’Hubert, nel puntare tutto sull’onore conquistato… infatti Feraud uscito sconfitto nell’ultimo duello, si sentirà dire: ”Ho vissuto per quindici anni secondo il tuo concetto dell’onore, ora sarò io ad importi il mio…”, lo lascia in vita, ma lo vuole lontano dalla sua nuova vita con una graziosa moglie, per sempre.
Conrad, invece, pone l’accento sul fatto che è stato proprio il duello finale a rivelare a D’Hubert il profondo amore che quella donna provava effettivamente per lui, che la sua vita adesso aveva un senso per andare avanti, che non doveva essere sacrificata solo per l’onore; voleva Feraud lontano dalla sua vita, ma in fondo gli era profondamente grato per avergli donato un nuovo modo di essere, ed anzi sarà lui in segreto a mantenerlo per il resto della vita, senza però raggiungere mai la tanto agognata riconciliazione.
La vita di uno dei due che evolve, grazie all’altro, verso un concetto lontano dall’unica cosa che per quei quindici anni li aveva accompagnati, la guerra, le battaglie, l’onore.

I duellanti, Conrad Joseph
The Duellists, Ridley Scott (1977)

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