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Un Dick tutto d’azione

Un Dick tutto d’azione

Philip K. Dick è stato la mente più fertile nella fantascienza del secolo scorso. Il cinema ha attinto alla sua produzione spesso direttamente (Blade Runner, Atto di forza, Screamers, il prossimo Minority Report); ancor più spesso prendendone semplicemente uno spunto (Gattaca e L’esercito delle docici scimmie, ad esempio).

Impostor appartiene al primo gruppo. Tratto da L’impostore, uno dei più classici racconti dickiani, basato sulla crisi d’identità di un replicante, programmato per credersi e farsi credere uomo, procede diretto verso una delle due possibili soluzioni narrative. Viene infatti trascurata quella parte di analisi psicologica che, fondamentale nel racconto originale, è qui solo accennata all’inizio della pellicola. Il resto del film è essenzialmente un action – movie, con il classico archetipo dell’uomo in fuga da solo contro tutti. Ma il tutto è molto ben realizzato. La sceneggiatura, malgrado pochi passaggi a vuoto, è nel complesso solida e ben costruita. Il finale non può che sorprendere ed è ben incastonato nella trama. Gli effetti speciali, pur nell’economia generale del prodotto, sono notevoli e creano, insieme alle scenografie di Nelson Coates, la giusta atmosfera cupa e tenebrosa.

La pellicola di Gary Fleder, già regista di discreti thriller come Il collezionista e Don’t say a word, va ad inserirsi quindi in quel filone fantascientifico a medio budget che, sulla scia di Pitch Black, sta proponendo, nel suo genere, il meglio in questi anni. E’ poi ottima la prova degli attori, in particolare di Vincent D’Onofrio, con un personaggio in bilico tra l’essere positivo e negativo, e di Madeleine Stowe, sempre ambiguamente affascinante.
Insomma, un ottimo film estivo per chi non ha letto il racconto, mentre senza dubbio una mezza delusione per gli amanti di quello che nei titoli di testa viene definito “L’insigne futurologo Philip Kindred Dick”.

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