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Lo sguardo della leggenda

Lo sguardo della leggenda

Voci, storie

Manchevski è un cineasta innammorato del racconto. Narrare in qualche modo è un mistero e il regista è come un archeologo in cerca di tracce antiche, dimenticate.
Nel film non importa tanto come si sono svolte le storie bensì come sono state raccontate e percepite attraverso la voce di chi le ha udite e, essendo il cinema un mezzo prettamente visivo, viste nelle parole del narratore.
In ciò si crea un curioso contrasto, poichè se da un lato Manchevski è conscio insieme ai suoi personaggi di narrare il falso, allo stesso tempo mostra come le sue storie abbiano un fondo storico, benchè apparentemente assurdo. Dichiara di essersi documentato attentamente per quella che rimane comunque finzione. E’come se per le sue pellicole sentisse urgente il bisogno di stabilire una sorta di rapporto dialettico tra la falsità e la realtà;non è detto che la prima sia meno vera della seconda.

Spaghetti eastern

Nella parte che si svolge nel passato vi sono atmosfere western, sia per le origini dei due protagonisti che (ed è molto più importante) per i modi del racconto. Questa Macedonia sa di frontiera, di ultima frontiera. Il finale non è cosa nuova per Manchevski, è una citazione, quasi a rasentare il plagio, de “Il mucchio selvaggio”. Si respira un’aria da Monument Valley e i macedoni appaiono agli occhi occidentali non meno misteriosi di una tribù pellerossa. Le usanze macedoni hanno una memoria rituale secolare, affascinante ed incomprensibile. I loro monili, i loro riti sono lontani mille miglia: unici punti di incontro sono il coraggio, il sesso e la violenza visti come gli unici linguaggi assoluti e universali.
Come i registi italiani di western negli anni ’60/’70 ricreavano in Sardegna o in Spagna il proprio West così Manchevski lo ha ricreato in Macedonia. Un’eco degli spaghetti western è presente nelle battute del personaggio interpretato da Joseph Fiennes che praticamente recita quasi solo battute prese dalla Bibbia e in ciò ricorda le frasi rarefatte dei personaggi di “C’era una volta il west”, il western più amaro e crudele di Sergio Leone.

Le notti di New York

La parte cronologicamente attuale della storia è per la maggior parte ambientata di notte, forse perchè è dall’oscurità che nascono le storie.
Manchevski tratta i personaggi del passato e quelli del presente con occhi diversi. Mentre i primi hanno in qualche modo una statura epica, i protagonisti attuali invece sono in qualche modo meschini, limitati: anche nel male.

Stanca ironia

Il limite del film sta nell’occhio talvolta troppo ironico e in certe trovate registiche compiaciute. Come se Manchevski si sia distanziato, estraniato troppo dalla materia. Così accade che quella che poteva essere una memorabile epopea si trasforma in un semplice racconto, certamente affascinante, ma senza respiro epico.

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