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Romanzo criminale: La serie

Ammetto di essere rimasto perplesso quando ho letto che Sky avrebbe prodotto Romanzo Criminale – La serie: dopo il fallimento di Quo vadis baby?, mi preparavo a un’altra fiction insulsa e noiosa. Mi sono anche chiesto a cosa servisse tornare sull’ottimo libro di Giancarlo De Cataldo, dopo che Michele Placido ne aveva già tratto un film (per quanto sia lo scrittore che il regista abbiano partecipato al nuovo progetto con la regia di Stefano Sollima, seppur marginalmente). I miei dubbi sono comunque svaniti alla prima puntata, e settimana dopo settimana mi sono trovato ad amare questa serie, a mio parere la migliore mai prodotta in Italia. Per chi fosse ancora più lobotomizzato di quanto sia lecito aspettarsi, ricordo che Romanzo Criminale (in tutti e tre i format) è la storia della malavitosa Banda della Magliana, che negli anni Settanta è riuscita a prendersi in mano Roma, complice lo Stato (polizia) e i Servizi Segreti (politica); due entità [img4]separate, o meglio una specie di cane a due teste che si mangia la coda (noi, le nostre vite, l’Italia tutta).

Basta guardare una scena qualsiasi su youtube.com per capire come sia schiacciante il paragone con Quo vadis baby? e chiedersi se la serie è stata davvero pensata, girata e prodotta in Italia (se non parlassero in un affascinante romanesco si penserebbe all’America). Gli attori sono giovani poco conosciuti al pubblico di massa provenienti dal teatro, brillanti e professionali. Caratterizzano alla perfezione, esaltando le caratteristiche peculiari di ogni personaggio, il Libanese (Francesco Montanari), il Freddo (Vinicio Marchionni), il Dandy (Alessandro Roja), Patrizia (Daniela Virgilio), Scialoja (Marco Bocci, al quale Accorsi dovrebbe lisciare i baffi…) e tutti gli altri. I costumi di Nicoletta Taranta sono accattivanti: pantaloni a zampa, camicette attillate, maglioni a girocollo, stivali a punta. Tutto riporta agli anni Settanta: la disco music, il pop italiano, le auto storiche della Polizia e della banda.

Dove il film risultava troppo “concentrato”, per ovvi motivi, rispetto al romanzo, la serie ne completa le storie e i dialoghi, spingendosi anche oltre il libro, allargandolo, senza mai diventare prolissa, anzi. Ma il merito maggiore è quello di raccontare alla televisione la storia malata della nostra nazione, quella di uno Stato che favorisce, supporta, usa e poi scarica una banda di criminali in cambio del lavoro sporco, in cambio della strage di Bologna, in cambio dell’Italia stessa. Una verità, questa, che l’Italia che guarda le fiction e i telegiornali solitamente pare ignorare.

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