hideout

cultura dell'immagine e della parola

Intervista a Mirko Locatelli

Un film delicato, appassionante, che parla con il linguaggio delle immagini. Un film “Disperso”, secondo Hideout, perchè in lotta dalla nascita per stare sul mercato del cinema italiano. Come ci racconta il regista Mirko Locatelli, una sfida, difficile. Ma con qualche speranza.

Da dove è venuto Il primo giorni di inverno? È stato prodotto anche dalla Provincia di Milano, in un periodo in cui il tema del bullismo era particolarmente sentito forse. Che difficoltà avete incontrato nel fare questo film?

Quattro anni fa io e Giuditta Tarantelli abbiamo iniziato a pensare a un film sulle difficoltà di comunicazione che emergono tra le persone. Durante il lungo periodo di scrittura, che andava di pari passo con la ricerca di un produttore, sono cambiate molte cose: dalle difficoltà di comunicazione siamo passati ad analizzare i codici affettivi, le relazioni tribali che si istaurano soprattutto tra adolescenti maschi, fino alla solitudine e all’emarginazione causate dall’individualismo del mondo dei giovani, che prende spunto da quello degli adulti. Così è nato Valerio, adolescente autocentrato, con due nemici, un padre inesistente, una nonna appena defunta, una madre troppo impegnata a sopravvivere e una sorellina dolcissima.

Il film ha tanti temi e un ampio respiro: dal punto di vista produttivo avete sì avuto il contributo della Provincia, ma il nel mondo del cinema italiano i giovani registi hanno sempre più difficoltà a fare i film e a farli vedere. Non mi è sembrato che tu volessi fare solo un film sul bullismo, ma su molto altro.

La scrittura del film coincide con il lungo periodo in cui io e Giuditta ci siamo occupati di laboratori di cinema nelle scuole superiori di Milano e provincia, utilissimi per vedere da vicino gli adolescenti che volevamo raccontare. Un giorno poi, l’Assessorato all’istruzione della Provincia di Milano ci ha chiesto se avevamo tempo e voglia di dedicarci a un lavoro con le scuole, da inserire nell’ambito di un progetto di “prevenzione al bullismo”. Essendo già impegnati nella preparazione di questo film gli abbiamo contro-proposto di partecipare alla produzione. Il contributo economico è stato minimo, ma ci ha permesso di coprire alcuni costi: il supporto maggiore ci è stato dato in servizi, ovvero dall’uso dei locali delle scuole milanesi e della piscina, la realizzazione di alcuni costumi di scena a opera degli studenti del corso di moda di un’istituto superiore di Milano e il recupero delle comparse necessarie in ambito scolastico.

Il tema che mi ha colpito di più è quello dell’adolescenza. Un periodo difficile, complesso e toccato profondamente dal tuo film. Vi siete dati il tempo filmico per osservare, per raccontare con poche parole, per stare dentro al non detto, al limite dell’età, alla confusione dei suoi protagonisti. Ti sei ispirato a qualcuno? E da dove viene la tua sensibilità nel girare un film così diverso, rispetto a ciò che spesso si vede, diverso?

È il mio linguaggio, poco in uso in Italia, un linguaggio simile a quello che ritrovo spesso nei film dei miei colleghi francesi o belgi, fatto di attese, silenzi, fatto per chi ha voglia di ascoltare. Gli attori parlano solo se non possono dire la stessa cosa con il corpo, e il tempo filmico è spesso quello della vita reale, l’unico modo a mio avviso di far passare un po’ di realtà attraverso lo schermo. Ho raccontato la parte più tragica e dolorosa dell’adolescenza, quella che in pochi hanno coraggio di ripercorrere, soprattutto in Italia.

Il crescere quindi mi pare il nocciolo de Il primo giorno d’inverno. Ancor di più, il corpo, nel quale i giovani adolescenti iniziano a fissare la loro personalità. E quindi i tatuaggi, l’esercizio fisico, la sessualità anche, il prevaricarsi a vicenda, fisicamente e psicologicamente. Tu sei ispirato a qualche regista? E che tipo di esperienza hai alle spalle come regista?

Come sceneggiatori ci interessava affrontare alcuni temi, quali la difficoltà nelle relazioni, l’esclusione, la paura del diverso, costringendo i nostri personaggi a fare i conti con il cambiamento. In effetti, è il terzo lavoro sul cambiamento: Come prima del 2004 è la storia di un ragazzo che rimane paralizzato dopo un incidente stradale; Crisalidi del 2005 è un documentario che mette a confronto ragazze e ragazzi, disabili fisici e non, sul tema del corpo che cambia e dell’accettazione di sè, e oggi Il primo giorno d’inverno. Nel mio film c’è sì il corpo che cambia, ma anche i corpi che provocano cambiamenti, che si scontrano, si sfiorano, si misurano, lottano, si arrendono, muoiono e si salvano.

Poi che è successo? Come è andata a Venezia? E dopo una vetrina importante come Venezia, perchè avete trovato difficoltà a distribuire il film? Cosa credi ci sia di non “commerciabile”(?), cosa non risponde alle leggi della distribuzione?

Uno stile controcorrente, tempi filmici a cui il pubblico non è abituato, assenza di attori adolescenti famosi: sono questi gli ingredienti considerati anticommerciali dalle distribuzioni che ho contattato per dare diffusione al mio lavoro. Hanno rifiutato di includerlo nei loro cataloghi perché credono di sapere cosa voglia il pubblico italiano. Probabilmente lo sanno, o meglio lo decidono.

La scelta dell’auto distribuzione: come è stata possibile e cosa vi sta portando? Come, banalmente, si fa? Cos’è Officina Film?

Oltre a esserci occupati della produzione del film, il 27 marzo 2009 abbiamo organizzato l’uscita ufficiale, a Milano, Roma e in altri piccoli centri, per poi proseguire programmando via via le proiezioni in nuove città. In pratica io non faccio altro che telefonare agli esercenti chiedendo loro la disponibilità a programmare il nostro film per una settimana, un weekend o anche un solo giorno. E così costruiamo il calendario, l’ufficio stampa poi cura gli invii dei materiali ai media locali, sparsi sul territorio in cui il film viene presentato. E l’unico modo per contrastare l’oblio nel quale cadono i moltissimi film di produzione indipendente: incrementare le uscite, curarle personalmente e possibilmente presenziare per un incontro con il pubblico, cosa che io, Giuditta e gli attori protagonisti cerchiamo sempre di fare.

Puoi fare un bilancio di queste prime settimane? E dove siete riusciti a far uscire il film?[img4]

Il bilancio di queste prime due settimane di programmazione è assolutamente positivo: Milano, Brescia, Melzo, Massa, Crema, Pontedera hanno risposto benissimo; ma è solo l’inizio, come ho detto lavoreremo sulla lunga durata, cercando di raggiungere via via molte altre città. Non sarà semplice ma ci stiamo impegnando personalmente per trovare dello spazio per il nostro film, e gli attori ci stanno aiutando moltissimo in questo tour promozionale. All’orizzonte ci sono già Perugia, Torino e Venezia, la programmazione aggiornata si può leggere sul sito ufficiale del film, dove si trovano le città, i cinema e le date, per gli orari basta consultare i giornali delle relative città o i siti con i film in sala.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»