La mente dell’assassino

Aprile 2000. Mattina, sull’Est River. Il giovane miliardario Eric Packer esce dal suo lussuoso attico a tre piani e sale sulla limousine bianca per andare a tagliarsi i capelli a Hell’s Kitchen. E’ l’inizio di un viaggio lungo un giorno che lo porterà ad attraversare Manhattan per andare incontro al proprio destino. Durante il tragitto Packer, ossessionato da una folle scommessa finanziaria contro lo yen e da un’oscura ‘minaccia attendibile’ alla propria incolumità, incontra gli uomini e le donne della sua vita sullo sfondo di scenari erotici, o tragici, o enigmatici. In tutto ciò si alterna il continuo incrociarsi con la figura della moglie che rappresenta la purezza e la normalità e i suoi collaboratori che incarnano le sfaccettature del mondo moderno. Mentre precipita in un’oscura spirale autodistruttiva e distruttiva si imbatte via via nel funerale di un famoso rapper, in un rave party all’interno di un teatro abbandonato, in una protesta antiglobalizzazione violentemente repressa dalla polizia. Tutto ciò lo porterà verso un palazzo in rovina, metafora di un postmoderno Acheronte.
Il nuovo romanzo di DeLillo risulta decisamente deludente, eccessivamente borioso e tragicamente privo di significato. Nella continua ricerca di una nuova metafisica postmoderna il professore del Bronx si perde nei suoi stessi ragionamenti. Cercando di passare dall’economia all’informatica, alla metafisica, a chissà cos’altro ancora salta di palo in frasca riuscendo a confondere prima se stesso e poi ogni genere di lettore. Questo libro è stato paragonato ad una Odissea contemporanea (interessante eresia); anche se per lo stile cerca di avvicinarsi all’Ulisse di Joyce, per spessore ad un trattato di Hiddeger e per contenuti all’universo. Naturalmente non centra nessuno di questi obbiettivi.
DeLillo cerca anche di chiarire la figura di Eric mettendolo a confronto con Benno, che dovrebbe rappresentare la sua nemesi, ma che non riesce ad essere neppure l’ombra di se stesso. Come un prestidigitatore zelante ma inesperto DeLillo ci lascia intravedere tutti i trucchi del suo troppo vasto repertorio, racchiudendoli in un libro esageratamente smilzo e scritto quasi svogliatamente. Cercando di seguire le fila del racconto sembra poi di vedere un serpente che nella dissennata ricerca di catturare mille prede finisce coll’annodarsi su se stesso e soffocare. DeLillo è uno scrittore che ho amato moltissimo, gli ho alzato il voto solo per questo.
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