Au revoir Cannes
La più grande rassegna cinematografica del pianeta cambia. Arrivato quest’anno alla sua 55 edizione il “Festival International du Film” creato nel 1939 dal governo francese assume infatti ufficialmente la denominazione di “Festival de Cannes” già ampiamente utilizzata un po’ da tutti. Un appuntamento sopra le righe quello del 2002: quasi mille i film presentati nelle varie sezioni della rassegna, più di cinquecento i venditori, migliaia tra giornalisti, operatori, fotografi. Ma molti altri aspetti ci fanno pensare a un’edizione rinnovata rispetto alle precedenti.
Innanzitutto l”apertura ufficiale affidata a “Hollywood Ending”di un emozionatissimo Woody Allen, per la prima volta a Cannes, e incredibilmente strappato al Festival di Venezia. In secondo luogo la presidenza della giuria affidata all’americano David Lynch (palma d’oro nel 1990 con “Cuore Selvaggio”) che ha contribuito ad alimentare il dibattito del pre-festival.
I nove giurati, tra cui Bille August, Claude Miller, Sharon Stone e Michelle Yeoh sono subito sembrati capaci di attenzione verso le innovazioni, ma anche difficilmente prevedibili nelle scelte.
Nessun italiano era presente tra i giudici e nessun riconoscimento è arrivato per “L’ora di religione” di Marco Bellocchio che si è dovuto accontentare dell’apprezzamento della giuria ecumenica, organismo cattolico che premia film che mostrano particolare attenzione alle problematiche spirituali.
I registi italiani (presenti Emanuele Crialese con “Respiro”, Matteo Garrone con “L’imbalsamatore” e Roberta Torre con “Angela”) hanno tuttavia beneficiato di una calda accoglienza e raccolto un consenso di critica e pubblico che fa ben sperare. Gran parlare anche di Monica Bellucci che ha ricevuto importanti tributi di stima dalla stampa internazionale nonostante le forti critiche sollevate dal film con cui era in concorso, mentre Nanni Moretti, vincitore della passata edizione, ha tenuto la consueta lezione di cinema.
Quanto ai film in concorso, l’impressione è che si sia assistito ad un crescendo di coinvolgimento e di emozioni man mano che la rassegna procedeva. Se sulla carta i concorrenti non esibivano cast sorprendenti, nulla si può dire dei prodotti finali, all’altezza delle aspettative.
Così, con una buona rappresentanza del cinema inglese nell’organizzazione, con una forte riduzione della presenza asiatica dal concorso, con l’inaspettato riconoscimento (premio giuria) al giovane regista palestinese Elia Suleiman, si è snodata la kermesse.
Il direttore Thierry Fremaux e il presidente Gilles Jacob, sempre attenti al delicato momento delle deliberazioni finali, possono rallegrarsi per il successo della rassegna come una conferma per il lavoro fatto. E’ opinione comune infatti che nella selezione ufficiale di quest’anno ci fosse un alto numero di pellicole di importante valore.
Il tema del pianoforte si conferma infine vincente: come Polanski quest’anno, “Lezioni di piano” nel ‘93 e “La pianista” l’anno scorso si sono distinti tra i concorrenti.
A cura di Lorenzo Lipparini
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